Recensioni e commenti
(a cura di: Marco Nuzzo, Lorenzo Spurio, Fernanda Ferraresso, Giordano Genghini, Giovanni Perri, Giuseppe Vetromile, Angela Greco, Guglielmo Peralta, Antonio Spagnuolo, Vanni Spagnoli, Donatella Pezzino, Raffaele Piazza, Michele Barbera, Sabrina Santamaria, Mario Saccomanno, Enrico Marià, Renzo Montagnoli, Andrea Crostelli, Fabio Greco, Luca Rossi.)
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RECENSIONE ALLA SILLOGE DI FELICE SERINO “IN SOSPESO DIVENIRE”, 2013
al di fuori di me -
io stesso luogo-non-luogo –
mi espando
Così, Felice Serino, dà alla luce l’ultima breve ma intensa silloge, “In sospeso divenire – Poesie dell’impermanenza”, titolo alquanto suggestivo e che, in pochi tratti descrive il ruolo stesso del poeta-uomo, dello scrittore, considerato per antonomasia il saggio, il pensatore, conscio d’una realtà fuggevole e capace, pertanto, di ravvisarne gli atomi in una sincrasi eclettica, unendo particelle e parole con una palpabilità maniacale. Ho parlato di“saggio” per un motivo ben preciso. Leggendo il Serino, m’è parso di risentirela lontana eco del Dao Dezi di Lao Tsu, saggio cinese che – nella succitata opera - scrisse una ben precisa frase: “Per questo il santo permane nel mestiere del non agire e attua l'insegnamento non detto. […]. Compiuta l'opera egli non rimane e proprio perché non rimane non gli vien tolto”. Si noti che la parola “Saggio” e “Santo” hanno, nel Tao TeChing, la stessa funzione di soggetto. Come per queste “poesie dell’impermanenza”, il Serino ha la funzione di lasciare un’impronta, un segno lieve “in sospeso divenire”, per l’appunto, per poi partirsi, allontanandosi dopo aver detto. Il suo è un divenire lasciato ad altri, un qualcosa di incompiuto ma capace di tessere trama e ordito con una originalità impertinente, tra figure retoriche e costrutti semantici ridotti all’essenziale, eppure talmente precisi da centrare il cuore del bersaglio:
in trasognato sfarti figura
-quasi rito-
t’invetri
incielata diafana
qui troviamo qualcosa di molto raro, quasi una sorta di gioco di parole e reinventati neologismi privi di peccato ma che trascendono all’interno di un Locus amoenus racchiuso nell’utopia e nella stagione di una vetrina al di fuori del tempo.
Il Serino però è un treno in corsa lungo diverse stazioni, sfiora emozioni di ogni sorta e non placa sicuramentela propria sete nella forra dei giochi della parola propriamente detta. Egli si fa anche semplicità negli occhi e nei sogni di una bambina, diventa foriero dei cambiamenti dell’animo… si fa madre e poi muore alla vita.
Senza voler troppo aggiungere, per non guastare del lettore la sorpresa, il poeta Serino disvela e tributa la seconda parte dell’opera ai suoi amori, quelli familiari come quelli letterari, finanche alle letture di Ungaretti, Merini e Ginsberg. È una nota che suona differente in ogni tasto, il Serino e in questa breve silloge dà prova di quanta musica possa vantarsi l’animo umano, un Pathos capace di elevare o, talvolta, di colpire, lasciando senza parole attraverso la bellezza e l’irripetibilità delle sue dinamiche.
Di Marco Nuzzo
e-book realizzato da poesieinversi.it
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Casa di mare aperto
di Felice Serino
Recensione a cura di LORENZO SPURIO
E' una poesia dotta, filosofica e ricca di rimandi alla letteratura europea quella di Felice Serino contenuta nella sua ultima raccolta dal titolo enigmatico "Casa di mare aperto". Ed è un po' tutta la poetica di Serino ad essere attraversata da un certo ermetismo che si realizza in un criticismo del linguaggio, in una frantumazione dell'identità e in numerosi squarci visionari e addirittura onirici. Serino parte dal mondo che lo circonda, ma non è quello il suo interesse nell'arte della scrittura, perché l'intenzione è altra. La poetica si trasfonde a un livello più alto, a tratti irraggiungibile a tratti difficile da capire, ma l'artifizio della poesia sta anche in questo: nel dire e nel non dire, nell'utilizzare un concetto per elevarlo a qualcosa d'altro, metafisico, che non può aver concretezza proprio perché ha a che fare con la coscienza dell'uomo.
Importanti e degni di rispetto le poesie d'impianto civile, che nascono cioè dal voler ricordare alcuni personaggi centrali nel processo di crescita e progresso storico com'è lalirica dedicata al Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi nella quale Serino utilizza l'isotopia del sangue e della violenza per tratteggiare il clima d'odio, repressione e vendetta nei confronti della statista appartenente all'opposizione: "Dal suo sangue si leva alto/ il grido d'innocenza/ a confondere intrighi di potenti" (p. 20). La condanna alla tirannia, alla democrazia messa a tacere è evidente anche se il linguaggio di Serino evita la durezza e si contraddistingue sempre per una certa armonia e levità, anche quando parla di drammi in piena regola. Ma ci sono anche poesie in cui il poeta mette allo scoperto terminazioni nervose dolorose dal puntodi vista sociale, come è il caso della poesia "A ritroso" ispirata al fenomeno poco noto degli hikikomori in Giappone che riguarda dei giovani che si auto-recludono letteralmente in casa evitando una vera vita sociale.
Centrale anche il tema della morte che ritorna in varie liriche come pensiero spesso assillante, altre volte come semplice dato di fatto dal quale bisogna partire con consapevolezza nell'impostazione del proprio progetto di vita. L'interesse per il mondo, per la socialità, la vicinanza all'altro e la riflessione sulla nostra esistenza fatta di giorni che sembrerebbero identici ma che non lo sono, trova ampiezza in una lirica in particolare, "In questo riflesso dell'eterno" dove il poeta con sagacia e freddezza verga la carta scrivendo: "imbrigliati noi siamo in un tempo/ rallentato/ noi spugne del tempo/ assediati da passioni sanguigne" (p. 61) in cui si ritrovano molti temi/aspetti che contraddistinguono la vita dell'uomo d'oggi: il tempo che scorre in maniera rallentata, troppo lenta, forse perché non è più in grado di vivere i momenti che riceve in maniera autentica, ma forse perché l'uomo senza lavoro, precario, disoccupato o immigrato che sia, senza una occupazionenon può che vedere il suo tempo scorrere in maniera lenta, dolorosa e oziosa; l'uomo è una spugna nel senso che riceve dal mondo, ma è sempre meno in grado di dare; che assorbe, si assoggetta, accetta e che, al contrario, non fa, non dà, non propone. Il mondo frenetico e alienante chepropone una società sempre più efficiente, veloce e altamente tecnologizzata in realtà provoca un certo indolenzimento che si ravvisa nel sonnambulismo etico e pratico dell'uomo. Infine gli uomini sono "assediati da passioni sanguigne": amore e sesso che, come si sa, non sono la stessa cosa e che spesso possono portare alla follia, al delirio, allo spargimento di sangue, inun doloroso banchetto in cui Eros e Thanatos giocano beffardi ignari di cosa stanno combinando. In "L'alba che sa di nuovo" Serino esordisce con versi acuminati: "la si vive nel sangue la nottata" (p. 89).
Numerosissimi i riferimenti e le citazioni a numerosi padri della letteratura europea, tra cui Mallarmé, Ungaretti, Zanzotto, Pessoa che, oltre a sviscerare il grande amore di Serino nei confronti della letteratura e la sua profonda conoscenza, rendono l'opera un gradevole e profumato percorso in altre storie, tempi e luoghi.
Lascio ai lettori di questa recensione un'ultima lirica del Nostro nella quale si respira un senso d'incertezza e un sentimento di sospensione che non è dato all'uomo capire; il serpente presente quale immagine di fondo della lirica alla quale si tende analogicamente (si richiama il verde e il serpeggiare), rimanda ancora una volta all'immagine del peccato, dell'avvelenamento e dunque della morte. Ma la cosa curiosa è che in questo caso non vi sono vittime, se non la serpe stessa:
Di un altrove (p. 78)
d'un altrove
striscia
di luce verde la mente
l'interrogarsi serpeggia
si morde la coda
LORENZO SPURIO
-scrittore, critico letterario-
Jesi, 1 Agosto 2013
FELICE SERINO è nato a Pozzuoli nel 1941; autodidatta, vive a Torino.
Ha pubblicato varie raccolte: "Il dio-boomerang" (1978), "Cospirazioni di Altrove" (2011).
Ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.
E' stato tradotto in sei lingue. Intensa anche la sua attività redazionale.
https://blogletteratura.com/2013/08/04/casa-di-mare-aperto-di-felice-serino-recensione-di-lorenzo-spurio/
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Un oltre in sé, quella "Casa in mare aperto" di F. Serino – Fernanda Ferraresso
L'epigrafe di apertura, ripresa dalla dedica di Raffaele Crovi , a Flavio e Teresio, pare individuare con precisione quale sia la scialuppa di salvataggio per praticare quel mare aperto e arrivare a casa.
La poesia allena l' "analfabeta"/ancora vergine di conoscenza / a "disincagliarsi dalla vita" /e a viaggiare dentro il mistero/(che è la somma delle verità).
Ma si tratta di trasparenze lacere, così le chiama Felice Serino, queste visioni , o voci, che arrivano da quel mare di cui dice e non ha nome, se non umanità, storia, e sembrano voci lacerate dalle perdite. I testi evocano, in questa silloge breve, altre parole, messe nell'acqua del linguaggio da altri , sin dal titolo del libro, che riprende una frase di Piernico Fè, come cita nella prefazione Marco Nuzzo: -creando una sorta di sprazzo sui diversi moti del mondo, ornato dalle molte sfaccettature e che ne compongono, malgrado tutto, una visione d'insieme talvolta succube delle vicissitudini carnali, umane. -E dovunque nel libro si sentono questi echi da terre senza nome, dispersi nei moti dei venti e tra le orme liquide dei naviganti, che hanno messo in mare i loro legni, le loro sementi, portando anche all'autore ulteriori germinazioni. Ciò che mira l'occhio di Serino non è direttamente il viaggio, ma il viaggiatore, poiché, come dice Pessoa, è lui il cammino. E qui , proprio riportando al suo piede e al suo occhio, al suo orecchio interiore, le voci degli altri, facendone terra del suo essere, Serino moltiplica questo andare in sé, lui terra e osservatorio di quel territorio senza fine, ma anche angusto, per la grevità dei gesti che si ripetono, e sono gesti umani, stratificazioni del pianeta e della memoria, miseria e guerra e preghierecome pietre che sembrano infossarsi più che elevarsi se non partono dalle più oscure profondità di ciascuno. In quelle stesse profondità, oscure, spesso minacciose, esiste un altrove, a cui abbiamo accesso, in cui esiste un rifugio durante la navigazione ed è quello che è casa aperta nel cuore del mare. Serve viaggiare, serve andarci e la poesia aiuta a fare vela fino a quel continente che, alla fine, dopo una vita intera di rotte praticate , si scopre essere un oltre in sé.
fernanda ferraresso
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LA "CASA DI MARE APERTO" SPIRITUALE
NELLA PIÙ RECENTE RACCOLTA DI VERSI DI FELICE SERINO
di GIORDANO GENGHINI
Recentemente, edita dal Centro Studi Tindari di Patti, è uscita la raccolta di versi "Casa di mare aperto", che riunisce tre diversi gruppi di brevi liriche scritte fra il 2009 e il 2011 dal poeta Felice Serino, noto – anche se non quanto meriterebbe – in Italia e anche all'estero (le sue poesie, pubblicate a partire dal 1978, sono state tradotte in sei lingue).
Il titolo della raccolta – lo si chiarisce all'interno del volumetto – è una citazione da Piernico Fè, e in qualche modo, a mio avviso, è la chiave per interpretare l'intera opera, caratterizzata da una lirica intrisa di spiritualità intensa che si irradia in molteplici direzioni: un "mare aperto" spirituale, dunque.
La lettura delle pagine – poco meno di cento - è un'esperienza straordinaria e irripetibile.
Il tessuto dei versi è coerente e ha un tono e un timbro inconfondibili. I temi toccati ruotano attorno a una ricerca spirituale intima del poeta ma nel contempo rivolta ad ogni uomo. I versi, come nei grandi artisti mistici del Medioevo, esprimono l'inesprimibile del mistero divino soprattuttoattraverso il simbolo della luce. La spiritualità del poeta è però modernissima perché inquieta, mobile, non univoca.
Alcune immagini, metafore e parole-chiave sono ricorrenti nella raccolta. in primo luogo, la figura dell'angelo (o, meglio, degli "angeli / caduti / mendichi di amore"), simboli di aspirazione alla purezza assoluta. Ancora più rinvia a questa ricerca di purezza e verità assolute la metafora – che riappare in varie forme – del "corpo di vetro" o del "vetro del cuore", cui si affianca la prevalenza di un altro emblema di purezza: il candore, che culmina nel "silenzio" di chi ha già lasciato la vita: l' "immacolato manto / comeun'immensa pagina bianca" che si identifica con l' "Altrove", ossia con il mistero occulto di "questa casa di vetro / eretta sulle nuvole", a cui il poeta aspira – e alla cui rappresentazione concorre anche la suggestione generata dall'uso mai casuale o irrilevante degli spazi bianchi fra i versi o nelle pagine.
Oltre alla luce, altri simboli ricorrenti nei versi di Serino per esprimere l'inesprimibile – l' "Oltre" – sono il sogno e l'azzurro, che si intrecciano con la musica nel tentativo di dare corpo (come nel "Paradiso" dantesco, di cui talora si avverte l'eco) al divino. Tuttavia, i versi di Serino non hanno certo caratteristiche tradizionali e meno che mai "cantabili", in quanto nel loro originale ritmo si manifesta la presenza della realtà umana fatta di carne e sangue, dei "veleni del mondo" e, in particolare, del mondo contemporaneo in cui "l'autentico" è "violentato dal mediatico".
All'interno di questa antitesi decisa fra l' Altrove e il male del mondo (per il quale però, uscendo dal coro, la lirica del poeta non cerca espliciti capri espiatori, politici o di siffattogenere, cui attribuire ogni colpa) determinante è la funzione della poesia, che definirei profetica ma, anche, casa in cui rifugiarsi per distaccarsi dal male di vivere. L'autore infatti scrive: "nascosto starò nella rosa / azzurra della poesia", evocando per analogia nel lettore anche il ricordo della "candida rosa" dantesca dei beati.
La spiritualità di Serino e la sua fede nell'Altrove non è mai incerta: "quando il mondo continuerà / dopo di me // a chi vi dirà lui non c'è più / fategli uno sberleffo". Il suo misticismo non trascura le vicende della storia e degli ignorati "santi del nostro tempo", di non pochi dei qualiviene fattoesplicitamente il nome ( un esempio fra tanti: Oscar Romero, nel cui sacrificio, credo, il poeta vede il "rigenerarsi dell'urlo della croce" evocato in un'altra lirica).
La cultura su cui fioriscono i versi dell'autore è estremamente ricca: le stelle che la illuminano (lo si comprende da citazioni dirette o indirette, e soprattutto dalla ripresa rielaborata, nei versi, di altri versi, secondo una tecnica già presente in grandi poeti, da Dante a Luzi, ma usata in modo originale da Serino. Tale ripresa non è mai sfoggio di conoscenze: è invece indispensabile al disegno lirico dell'autore. Le stelle che rilucono nel cosmo intellettuale del poeta possono per alcuni aspetti essere forse accomunate, ma fra loro sono anche estremamente diverse: oltre al Gesù dei Vangeli e ad antiche (come Paolo e Agostino) e recenti (come, ad esempio, David Maria Turoldo) figure della spiritualità cristiana, figurano anche maestri di diverse spiritualità: da Steiner a Swedenborg a Paulo Coelho, per non ricordare che alcuni nomi. Né si possono dimenticare i riferimenti ai grandi poeti dello spirito: dal già menzionato Dante (alcune delle cuiimmagini, come quella del paradisiaco fiume di luce, sono rielaborate e riproposte in modo affascinante) ai più recenti Mallarmé, Borges, Pessoa, Ungaretti fino a poeti a noi vicinissimi come Giovanni Giudici e Andrea Zanzotto.
La lirica di Serino si colloca nel panorama estremamente vasto di questa sorta di ideale "empireo della poesia" che si contrappone – almeno come possibilità di difesa – ai mali della storia. L'ampiezza dei punti di riferimento negli orizzonti culturali e letterari del poeta spiega anche perché la sua raccolta non rappresenta un tentativo – che sarebbe impossibile – di ricomposizione di tutti i punti di riferimento, ma una esplorazione spirituale, un moderno viaggio, termine ancora una volta da intendersi in senso dantesco.
A livello stilistico, il poeta dà vita a una lirica di grandeintensità, che fa tesoro della lezione poetica del Novecento (in particolare, nell'abolizione della punteggiatura e della iniziali maiuscole) e del verso libero per creare un proprio originale timbro, spesso caratterizzato da affascinanti creazioni in miniatura, nelle singole liriche, di "opere aperte" che lasciano possibilità di diverse interpretazioni: né potrebbe essere altrimenti, dati i temi affrontati nella raccolta.
In versi densi di fratture e ricomposizioni, Serino ci propone – per rifarsi al "suo" Agostino - una "città dell'uomo" in cui abbondano le asprezze ("le viscere nelle mani") e una "città di Dio" in cui risplende l'armonia dell'Altrove ("un cielo bianco di silenzi" in cui è protagonista disincarnato il "fiume di luce che / ci prenderà").
Non è il caso che aggiunga altro a queste mie modeste note, perché ogni tentativo – come questo mio – di presentare nell'ambito di un discorso logico-razionale una poesia che tale ambito travalica, non può che essere povera cosa rispetto all'esperienza della lettura dei versi del poeta. E concludo proprio con un invito alla lettura e con un'ultima osservazione: la raccolta di Felice Serino è un "mare aperto" al cui interno si muovono potenti correnti di luce. Credo che, per renderci conto di ciò, basti rileggere la bellissima breve lirica che, non a caso, chiude la raccolta, e che qui riporto: "d'un presentito chiaro d'armonie // d'un trasognato dove // vivi e scrivi // – tuo credo – // tua casa di mare aperto".
Non è un caso, credo, che il primo verso sia un armonioso endecasillabo e che il secondo e il terzo, uniti, a loro volta siano uno stupendo endecasillabo, come non è un caso che l'ultimo verso coincida con il titolo della raccolta.
La "casa di mare aperto" rappresenta infatti, come ho detto all'inizio di queste note, la spiritualità del poeta: ma anche, io credo, la meta di un approdo cercato già in questo modo e, infine, la prefigurazione della "casa di vetro" nell'Altrove, cui – come l'autore – più o meno consapevolmente a partire dai poeti, tendiamo noi tutti. O, credo direbbe l'autore, tendono consapevolmente coloro che, come scrive in un'altra sua lirica l'autore, fra l'affidarsi principalmente a Freud (o ad altre "divinità terrene" del mondo d'oggi) e l'affidarsi al vangelo di Giovanni hanno già compiuto una scelta.
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Recensione a "D'un trasognato dove" di Felice Serino (Giovanni Perri)
25 ottobre 2014
Capita raramente di imbattersi in poeti in cui vocazione lirica e pensiero filosofico si fondono così perfettamente da riuscire saldati in un unico corpo come in Felice Serino, la cui voce è tanto più seducente quanto maggiormente risulta isolata nel panorama contemporaneo. Egli rappresenta, forse, la continuità, nel solco di una tradizione tipicamente novecentesca, di pensare la poesia come antitesi e attrito con la modernità e filtro da cui trascendere nel segno d'una rivelazione; in lui, senso del tempo e dello spazio, spiritualità e vita, verità intangibile e immanenza, mistero, trovano la medesima via su cui la poesia accomoda il sentimento, insieme umano e divino, d'essere in sé origine e fine di tutto; e nel mezzo, ricerca passionale e tensione dell'amore puro; (Amore: altissimo e di sangue, lamento quasi siderale degli occhi, fiume alle mani ): dove quel sentimento arriva e la voce si espande, e l'umore improvvisa emozioni che non trovano il punto, oppure lo invocano sapendo che un urto, anche il più invisibile, può farsi carico di tutta quanta la specie dei sogni di cui è composta la vita.
leggere sull'acqua
lettere storte
camminare nel mistero a volte
con passi non tuoi
nella parusia entrare nella luce
goccia
che si frange nel sole
– che contiene un mondo
Impresa affatto anodina dunque, introdurre Serino: farne passare il battito, la folgorazione; additare nel segno delle sue epifanie, come volendo scottarsi: sentirsi addosso la luce, vivida e sanguigna di un verso che trasloca bucandoci. Perché viene sempre nel segno della carne la sillaba che in lui svanisce: questa croce di vento sulla pelle. E sono spasmi. Cieli a difendersi. Occhi per seminare: amore per la parola sorgiva da cui bagnarsi e bere, a piene mani, quasi fossimo noi quel punto imprendibile l'altrove, che cuce il corpo alla memoria e tace, profondo e innato silenzio:
sangue del pendolo
tempo-maya dagli occhi
di giada
capovolti
nell'oltre è cuore
del sole abisso
di cielo – antimondo
C'è in Serino un'attitudine all'amore che è soglia, dunque, attracco e mancamento: visionarietà al limite del corpo, come una metafisica della bellezza. Una specie di vizio a perdere la vista per meglio pensare. Viene in mente Democrito; e Borges che lo nomina nel buio. Nelle sue tanto aeree apprensioni, Serino ausculta pungendo, sembra quasi addirittura ch'egli tiri dalla vena una goccia di lontananza e ne faccia presenza aromatica, unguento a lenire ferite. Sono sempre afflizioni, le sue, da cui sgorga dolcezza: l'essere qui e altrove come dato fondante d'una vita:
un vedermi lontano
io che vesto parole
di carne
alfabeti di sangue
da me lontanissimo
ché ad altra
sembianza anelo
per voli su mondi
ultraterreni
Il preziosissimo volume appena pubblicato (d'un trasognato dove) porta quest'attenzione al luogo come segnale viatico, sintomo d'attraversamento, quasi paura: l'attesa di un dove che ci tiene, mi piace dire, anatomicamente, nel nervo della poesia, in un flusso cosmico, segnato a ferite, di tempo e spazio, appunto, e di memoria:
giro di luna bivaccante nel sangue
baluginare d'albe e notti
che s'inseguono
dentro il mio perduto nome
per le ancestrali stanze un aleggiare
di creatura celeste
che a lato mi vive nella luce
pugnalata
Oppure ancora:
espansione a irradiare
poesia a labbra
di luce
indicibile fiore
del sangue
Quale che sia il trasognato dove, quel che posso dire è che qui l'amore s'avverte, terragno e trascendente, nel segno di una luce vivida e irrisolta, cavata dall'occhio di un uomo sospeso, solo e multiplo, invocata e assolta nel dono di un verso pulsante,
tangente, bellissimo, quasi tenuto nel fioredi un enigma e consegnato al tempo, come un bacio dato alla terra, questa sacra parola illuminante.
Ecco forse Serino è tutto questo, o tant'altro che ancora non so; che ancora non m'è dato di sapere.
Giovanni Perri
https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-dun-trasognato-dove-felice-serino-giovanni-perri/
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D'un trasognato dove – 100 poesie
di Felice Serino
Recensione di Lorenzo Spurio
Ha memoria il mare
Scatole nere sepolte nel cuore
Dove la storia
Ha un sangue e una voce. (37)
D'un trasognato dove – 100 poesie scelte è la nuova densa raccolta poetica di Felice Serino, poeta nato a Pozzuoli nel 1941 che da molti anni vive a Torino.
L'autore mostra di aver compiuto una meticolosa operazione di cernita in questo "canzoniere dell'esistenza", tante sono le liriche che ne fanno parte e tante le tematicheche Serino trasmette al cauto lettore. Il fatto che esse siano state raggruppate in filoni concettuali intermedi da una parte facilita al lettore la corretta comprensione delle stesse e dall'altra consente all'opera una struttura ulteriormente compatta e costruita organicamente. È così che questi microcosmi-contenitori delle liriche di Serino si concentrano attorno a questioni che hanno a cuore il rapporto con l'aldilà, il tema celeste, il senso dell'esistere, la potenzialità del sogno, l'inesprimibile pregnanza del tessuto semantico, l'impossibilità di dire (l'impermanenza) e sichiude con un nutrito apparato finale di poesie dedicate a personaggi più o meno famosi della nostra scena contemporanea dal quale partirò.
In questo apparato di dediche si concentra il fascino nutrito da Serino verso una serie di immagini-simbolo quali quello della luce e del sogno (nella lirica dedicata Elio Pecora), il tema della Bellezza (nella lirica a Papa Giovanni Paolo II), il risorgere (nella lirica dedicata a David Maria Turoldo) e lo specchio come proiezione e frantumazione dell'io (nella lirica dedicata a J. Luis Borges). Sono queste solo alcune delle liriche che compongono questo apparato finale poiché ve ne sono varie di chiaro interesse civile che affrontano disagi e tragedie dell'oggi quali i disastri per mare dei tanti immigrati che sperano di giungere in Italia, le precarie condizioni degli incarcerati o gravi casi di violenza in cui alcuni giovani hanno riportato la morte come Iqbal Masih, tessitore di tappeti portavoce dei diritti dei bambini lavoratori che venne ucciso nel 1995 all'età di 12 anni e del quale Serino apre la lirica in questo modo: "come un bosco devastato/ intristirono la tua infanzia/ di pochi sogni" (107).
Nell'intera opera di Serino si nota una pedissequa attenzione nei confronti di isotopie, immagini costruite nelle loro archetipiche forme, che ricorrono, si susseguono, si presentano spesso perché necessarie; esse non sono solamente immagini che identificano o denotano qualcosa, ma simboli, metafore, mondi interpretativi altri: il sogno, la luce, il cielo, il Sole, tanto che permettono di considerare la poetica di
Serino come celestiale proprio per il suo continuo rovello sull'aldilà, onirica perché fondata sull'elemento del sogno del quale si alimenta tanto da non poter dire spesso con certezza quale sia la linea di demarcazione tra realtà e finzione. Si penserebbe a questo punto che il tema del tempo possa essere altrettanto centrale in questa silloge di poesie dove, pure, si ravvisa un profondo animo cristiano, ma in realtà il concetto di tempo è ristrutturato da Serino in maniera meno pratica, in chiave esistenziale, come costruzione della mente umana che però risulta avere poca rilevanza nelle elucubrazioni di una mente particolarmente attiva.
Il sogno, l'onirismo e il surrealismo (citato anche nel momento in cui viene nominato il pittore catalano Dalì) sono il nerbo fondamentale della silloge dove il trasognare ne identifica l'intero percorso di formazione e conoscenza. Non è un caso che in copertina si stagli un albero frondoso e, dietro di esso, uno scenario meravigliosamente pacificante di un cielo verde-azzurro tipico di una aurora boreale che fa sognare.
Dal punto di vista stilistico Serino predilige un'asciuttezza di fondo per le sue liriche (molte di esse sono molto stringate se teniamo presente il numero dei versi), dove il poeta evita l'adozione delle maiuscole anche quando queste dovrebbero essere impiegate ed ogni forma di punteggiatura, quasi a voler rendere in forma minimale il pensiero della mente proprio come gli è scaturito. Contemporaneamente il lessico impiegato è fortemente pregno di significati, spesso anche molteplice nelle definizioni, ed esso ha la caratteristica di mostrarsievocativo, più che invocativo (anche se alcune liriche di invocazione sono presenti) o connotativo.
Sprazzi di ricordi salgono a galla ("in sogno sovente ritornano/ amari i momenti del vissuto", 39) ma questi non hanno mai la forza di demoralizzare l'uomo o di affaticarne la sua esistenza poiché c'è sempre quella "comunione col sole" (47) che dà forza, garanzia e calore all'uomo che sempre ricerca risposte su sé, Dio e il mondo.
Lorenzo Spurio
Jesi, 28-10-2014
https://blogletteratura.com/2014/10/29/dun-trasognato-dove-di-felice-serino-recensione-di-lorenzo-spurio/
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Felice Serino, "D'un trasognato dove"
(Ed. Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano)
E' caratteristica essenziale in molti poeti la ricerca di una dimensione altra, per lo più disgiunta dalla materialità delle cose e allocata in un empireo che simboleggia la spiritualità, l'amore, il sacro. Questa ricerca indubbiamente parte innanzitutto da se stessi, nel prodigarsi a dragare nei labirinti della propria anima lacerti e spiragli di luce, di speranza, e di tutti quei valori che possano elevare la persona alla dimensione celeste, avvicinandola a quella meta che nel progetto della creazione può chiamarsi anche paradiso. E' innegabile che ogni uomo tenda a superare, e a superarsi, quelle barriere fisiche e materiali che in qualche modo gli consentano di raggiungere, o almeno tendere, ad una certa realizzazione di sé, che non sta tanto in una merae statica acquisizione di beni materiali, quanto nell'agognare quella famosa "felicità" o stato di grazia che sia, che soddisfi non solo il corpo, ma anche e soprattutto l'anima e il cuore.
Che poi questa ricerca venga estrinsecata, seguita e sviluppata anche in modo creativo ed artistico, nella fattispecie tramite la poesia, è segno di sensibilità personale non indifferente, in quanto l'artista, il poeta, ha il coraggio di mettere in chiaro ciò che gli scaturisce da dentro, ciò che gli detta il cuore. In un mondo in cui i modelli predominanti sono il rivestirsi di corporeità e di ricchezze materiali, da seguire come obiettivo primario dellaquotidianità, un canto elevato alla purezza dei cieli sembrerebbe anacronistico se non addirittura bambinesco: c'è altro a cui pensare nella vita di tutti i giorni, c'è da sbarcare il classico lunario e non c'è spazio per intime riflessioni trascendentali. Ma il poeta è e resta sempre un puro d'animo, egli vede sempre al di là del velo opprimente che copre il mondo di grigio e di organigrammi, sente il discorso della natura e lo fa proprio, nonostante tutte le ottenebrazioni e i frastornamenti offerti dalla pubblicità più subdola. Si tratta di liberarsi da ogni falsità terrestre, e questo al di là di ogni tipo di religione, chè è primario in noi, nell'uomo, questo senso vago, indeterminato ma sussistente, dell'al di là, inteso come luogo sublime ed eternamente pervaso di gioia, pace e felicità. Si tratta di raggiungere l'empireo, appunto, ricostruire l'antico filo di resistente speranza che, in fondo, c'è qualcosa di vero oltre la dimensione materiale dell'uomo.
Felice Serino è dunque uno di questi poeti che vede e che sente: "insaziata parte / di cielo / vertigine della prima / immagine / e somiglianza / vita / lacera trasparenza / sostanza di luce e silenzio / sapore dell'origine / fuoco e sangue del nascere" ("Lacera trasparenza"); sostanza diluce che permea tutta la sua raccolta poetica "D'un trasognato dove", inesauribile canto di ricerca dell'"oltre", assidua ed appassionata narrazione poetica del suo cercare quel "dove" che possa riscattare il senso materiale della vita, che possa nobilitare l'uomo.
"In una goccia di luce / s'arresterà questo giro del mio sangue / lo sguardo trasparente riflesso / in un'acqua di luna / sarò pietra atomo stella / mi volgerò indietro sorridendo / delle ansie che scavano la polpa dei giorni / delle gioie a mimare maree / nullificate di fronte all'Immenso / allora non sarò più / quell'Io vestito di materia / navigherò il periplo dei mondi / corpo solo d'amore / in una goccia di luce": è il testo iniziale della raccolta di Felice Serino, testo emblematico che in qualche modo concentra e riassume la sua idea progettuale, e poetica, di un distacco dalla materialità al fine di trovare e provare, svestito di materia, quel nocciolo di verità assoluta, quei sentimenti puri non più inquinati o compromessi dalle implicazioni del corpo. Si tratta dunque di un discorso poematico di lungo respiro, tutto intriso di alta religiosità, una religiosità che richiama sicuramente la fede cristiana, pur non citando direttamente situazioni, fatti e personaggi della dottrina classica, ma traendo da essa i riferimenti più sinceri e puri: "- e gli esecrabili / delitti e la vita / tradita? / e il sangue innocente? / -non ricordo: in verità ti dico / l'Albero di sangue / virgulto di mio Figlio / il Giusto / si è ingemmato / ed espande nei secoli / le sue radici / in un abbraccio totale" .
La raccolta poetica di Felice Serino "D'un trasognato dove" è divisa in cinque parti: "Di palpiti di cielo", "Del trasognare", "La parola che fiorisce e dintorni", "Dell'impermanenza", e "Dediche".
Pur mostrando una complessiva omogeneità di progetto, costituita essenzialmente dalla trama religiosa di cui sopra, che lega internamente tutte le composizioni della raccolta, nella quale l'autore riesce ad estrinsecare e a sviluppare esaurientemente tutta l'ispirazione primaria attorno alla quale si addensa il suo dettato, in mille diverse angolazioni, la quinta parte, "Dediche", si discosta alquanto dal tema; si tratta qui di poesie ognuna "dedicata" ad un personaggio particolare (tra cui anche la moglie), che hanno evidentemente colpito la sensibilità del poeta, muovendolo ad esprimere considerazioni e riflessioni dal contenutoveramente nobile e importante, come ad esempio nella poesia dedicata ai migranti: "uscire / dal porto -il cuore in mano- / issare la vela della / passione / dietro lo stridulo / urlo dei gabbiani / tra le vene bluastre del cielo / foriero di tempesta / squarciare / nel giorno stretto / il grande ventre del mare / che geloso nasconde / negli abissi / i suoi figli" ("La ricerca" – Ai migranti di Lampedusa).
La scrittura poetica del Serino si presenta decisa, fluida, chiara, priva di tentennamenti espressivi e di vaghezze retoriche; è d'altra parte una scrittura non priva di un certo sapore lirico, e strutturata sulla base di versi brevi, in cui ogni termine, ogni parola, è fortemente risuonante.
Ne risulta complessivamente una raccolta di sicuro spessore poetico, interessante, propositiva oltre che riflessiva, che certamente induce nel lettore attento ottimi spunti di ulteriori considerazioni sia sul piano religioso che sul piano sociale.
Giuseppe Vetromile
3/1/15
https://taccuinoanastasiano.blogspot.it/2015/01/dun-trasognato-dove-raccolta-di-poesie.html
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il sasso nello stagno di An Gre
collaborativo di poesia, arte e dintorni a cura di Angela Greco
D'un trasognato dove (100 poesie scelte) di Felice Serino letto da Angela Greco
di Angela Greco
Felice Serino poesia-
D'un trasognato dove è la nuova silloge poetica di Felice Serino, realizzata in collaborazione con l'Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano; cento poesie scelte nell'ambito di una vasta produzione sensibile ai temi dal sociale allo spirituale, sempre esternata con caratteristica gentilezza e partecipazione. La scrittura poetica di Felice Serino è breve, incisiva, toccante, colta e colma di richiami a quella sfera dell'esistenza da cui tutti proveniamo e a cui tutti torneremo. La forte spiritualità dell'autore è un balsamo per il lettore, che anche in questa scelta di testi, può incontrare se stesso e l'altro da sé in versi sintetici, dotati di forza e passione, particolarmente efficaci in relazione alla generazione poetica di chi li sta affidando alla carta.
Il testo assomiglia ad un cielo serale (e credo non a caso la copertina) punteggiato da stelle – cento – tutte volte all'attesa e alla metaforica vista del giorno, della maggior luce, di quella nuova prospettiva a cui lo stesso autore anela e che può essere intesa come un'armonia cosmica in cui ciascuno finalmente sarà in grado di comprendere quello che in questa vita gli è precluso. Felice si interroga ed interroga in questi versi, scuote la tranquillità, ricorda, condivide e soprattutto spera, percorrendo una strada a cui il lettore è invitato, fornendo finanche le domande necessarie per incamminarsi su questa via. E la poesia è il mezzo per seguire questo itinerario introspettivo.
L'ultima parte del testo, quella che raccoglie poesie dedicate, fa battere il cuore con tono maggiore, riconsegnando il lettore alla storia e alla società attuali; nelle ultime pagine la voce dell'autore si rivolge ai vari destinatari con tutta l'umanità dei suoi anni vissuti, affiancando figure di santi e di giovani, che hanno lasciato fortissimi insegnamenti, quasi a voler idealmente segnare gli estremi entro cui includere tutta la vita stessa dell'uomo, dal punto di partenza alla meta finale. [Angela Greco]
Poesie tratte da D'un trasognato dove di Felice Serino
Altra veste
un vedermi lontano
io che vesto parole
di carne
alfabeti di sangue
da me lontanissimo
ché ad altra
sembianza anelo
per voli su mondi
ultraterreni
§
Cielo indaco
confondersi del sangue con l'indaco
cielo della memoria dove l'altro-
di-te preesiste – sogno
infinito di un atto d'amore
§
Senza titolo
al di fuori di me –
io stesso luogo-non-luogo –
mi espando
di cerchi concentrici è il lago
del mio spirito: sasso gettato
dal capriccio della musa
fremito d'acque e stelle
§
Alta Engadina
diario [mentre "mi" scrivo spiando
il mondo da qui tra terra e cielo]
è il caso di dire
un bianco
da ferire gli occhi
la parete del
ghiacciaio
riflettente una luce
quasi
ultraterrena
a bucare la notte
-mentre qui
mi scrivo
§
In divenire
appoggiato alla spalliera
d'aria del divenire
tu –
arcoteso
futuro anteriore o
tempo che ti mastica
sangue del pendolo
§
Un appiglio
giorni sui precipizi
vivendo
in braccio a capricci del vento
…un appiglio sarebbe il cielo
a rinascere
in echi d'inchiostro?
§
Sospensione
un camminare nella morte dicevi
come su vetri non conti le ferite
aspettare di nascere uscire
da una vita-a-rovescio
riconoscersi enigma dicevi
di un Eterno nel suo pensarsi
*
Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino. Copiosa e interessante la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da Il dio-boomerang del 1978 a La luce grida del 2013); ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in sette lingue. Intensa e prolifica la sua attività redazionale visibile anche on-line. Scrive su vari blog. (dal testo)
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Recensione a "Frammenti di luce indivisa" di Felice Serino (centro studi Tindari Patti, nov. 2015)
Qualcosa illumina l'aria ed è un sentimento, la forma di un respiro accogliente che rigenera come un vento che è dentro la parola e si espande, perdendosi, in infiniti suoni a salire. S'io potessi cogliere la misura, la cifra di questo sentire che accarezza e pungola, farei senz'altro ammenda che la vita è mistero imperscrutabile, arte a proteggerci dai sogni tremolanti la notte, nel tempo di amore, appena plasmata la stanza nel corpo ritagliato da una luce di candela. Mi piace immaginarla così, tenuta da una piccola fiamma tra la mente e il cuore, la voce che in Felice Serino approda a questa comunione di sguardi fratelli, venuti a raccogliersi piano nel segno della luce calda e divina, nella sagoma d'un solo altissimo respiro:
prima del tempo
non c'era che amore
quello-che-muove
il-mondo
danza nel cielo
della Luce -pensiero
della notte
a scalzare le tenebre
"Frammenti di luce indivisa": ha questo titolo davvero bello la silloge che il poeta mette in stampa affinché ci colga da subito pienezza e fragilità d'un canto da cui discendere, o salire appunto, nel medesimo barbaglio, in un solo grande abbraccio di luce a raccoglierci, a definirci:
filtra raggio verde
dalla porta
della conoscenza
vi accede l'anima
-assetata in estasi
sanguinando amore
scintilla interminabile di occhi inconclusi eppure trattenuti nella stessa ferita, nella stessa livida vitalità. Poesia d'apici e di gemme, si direbbe, ricamata sul lembo dell'aurora appena senti che qualcosa diviene come un dolore che innalza, germinando, tutta la vocazione a esserci in perfetto amore: perché amore è già nell'occhio che sente, invoca, reclama l'urto d'ogni domanda; la misteriosa faccenda del cuore solo e multiplo, del Dio dei confini tra la vita e la morte:.
la vita ha in tasca la morte
-siamo noi
divino seme:
non è che un perpetuo
tramare
"cospirazioni" del nascere
miracolo d'amore
e poi ancora:
lanciarmi anima-e-corpo
contro fastelli di luce
specchiarmi
nella sua "follia"
e tu a dirmi: Lui
l'irrivelato
nasconde il suo azzurro – è
lamento amoroso
Ecco, questa dimensione spirituale, trafitta d'implacabili singulti onirici, che accompagna tutta l'opera e la tiene in bilico sull'argine tremolante di continui interrogativi; questo cercare ininterrottamente un segno, che svirgoli e sveli di qua e di là dal sogno l'intangibile immanenza del vero, immarcescibile segreto d'esser sangue nella lingua di Dio, unica strettoia possibile, nel tentativo di comprendersi d'infiniti frammenti; questo sorprendersi fieri d'ogni possibile destino, incolpevoli eppure miseri, mendici e mentitori per ricomporsi umani quanto basta:
dammi Signore
un collante di passione
-atto di fede
che snudi il giorno per
fissare nel blucielo
brandelli d'amore
pezzetti
di me
Tutto questo è rintracciabile e altro ancora, in un'opera piena di vertigini giacché densa e altissima, profondissima, surreale, dove l'irreprimibile albero si rinnova, nominandoci:
cogliere una piccola morte
nello strappo di radice
dove altra ne nasce
dal suo grido
cogliere l'inesprimibile
di questo morire
che s'ingemma d'eterno
E' questo rinnovarsi in uno strappo, tutto il dolore che il poeta asseconda, portandosi altrove, lievemente, arrovellandosi, dal buio staccando la parola, goccia a goccia, sterminata preghiera del cielo e del mare in un corpo che non vorrebbe peso:
non puoi spiegarlo
alla bimba dagli occhi di luna
se non l'ha mai visto prima
se non è rimasta rapita
dal ricrearsi sull'acqua
di riflessi dorati
-ed è poesia…
lei può solo sognarlo – il mare –
come una carezza di vento
salato e spazi
aperti e voli…
vederlo nel proprio cielo
alla stregua in cui s'immagina
un altrove chiamato paradiso
e ancora…
si vive
per approssimazione
si sta come
d'autunno…
di ungarettiana memoria o
dall'origine
scollàti dal cielo
a vestire la morte
… fino
al fiume di luce che
ci prenderà e saremo
un'altra cosa…
congetture
… ma lasciatemi sognare
un sogno che non pesa
Ecco: vorrei poter concepire una lettura che ne rievochi il battito; la sublimata cadenza dei versi a punteggiare un cielo nel cuore; vorrei restituire il movimento, nudo, degli occhi, a spalancare ogni possibile umore del sangue; vorrei poter dire con Serino che anch'io "da fenditure di un sogno/ spio il mondo; e forse anch'io vorrei "preesistere" all'amore, "gabbiano nel fondo degli occhi", "veleggiato impastato di luce", sparire come "chi in sogno segua una successione di stanze" e uccelli vede uscire dalla testa e "nel becco i versi d'una vita". Ma poco rende il mio occhio, lo so; poco la mia parola che invoca le viscere e anche il mio sangue coltiva il fiore che non
so dire. Così attendo alla capacità dei singoli d'innamorarsi d'un fiore di poesia; al sentimento di chi gli accosti l'orecchio, perdendosi quanto basti ad ascoltarne il battito perché ne ricavi unguento e bussola, donde un filo di luce tremebonda gli dia la formula che il poeta aveva tra i versi nascosta, mentre saliva sanguinando in bellezza la poesia.
Giovanni Perri
https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-frammenti-luce-indivisa-felice-serino-centro-studi-tindari-patti-nov-2015/
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FRAMMENTI DI LUCE INDIVISA
di Felice Serino
Il titolo di questa raccolta di poesie di Felice Serino è un ossimoro. Indiviso è, letteralmente, ciò che non è stato diviso, che non è possibile frazionare. Eppure, qui, la "luce" è stata ridotta in "frammenti". Dunque, sembra esserci una contraddizione nel titolo, il quale, tuttavia, suggerisce il tema fondamentale che attraversa tutta la silloge, e cioè la difficoltà di rappresentare, di tradurre in parole, in versi ciò che si dà solo nascondendosi e che lascia di sé delle tracce, dei "frammenti" restando "presenza" inespressa, unità indivisibile e inafferrabile nella sua pienezza, nella sua misteriosa, "oscura" luminosità. E qui l'ossimoro caratterizza la natura della "luce": di essere essenza aletheica 1), manifesta e, al tempo stesso, ineffabile. Fuor di metafora, la "luce" è la creazione, la poesia stessa ed è la bellezza che essa emana, in quanto sorgente da cui sgorgano le immagini, le visioni, i lampi che aprono al poeta il cammino lungo i "bui corridoi di parole dove/ una quartina balenante e poi indistinta/ vuol farsi luce ma quasi per sfida/ inafferrabile si fa/ gioca a nascondino con lui preso/ di sorpresa nei suoi vortici…ahi!/ sprovveduto poeta che non sa/ raccogliere in tempo un sangue vivo". Questiversi, insieme con altri testi, appartengono alla sezione "Ladro di parole": titolo che, se da un lato, sintetizza quell'impossibilità di cogliere pienamente la Bellezza, la quale è "spirito vitale" che nutre la sua vena creativa e gli "ribolle" dentro come sangue, dall'altro lato, indica il "mestiere" del poeta, il quale, sognando e agognando l'irraggiungibile meta, si ritrova a percorrere e a inoltrarsi nel bosco del linguaggio in cerca delle parole più adatte a rendere l'amore e la passione che lo governano e che egli tenta di catturare, di sottrarre, di strappare all'oscurità che sempre incombe lungo i sentieri della creazione. Ma ciò che egli coglie sono appunto i "frammenti" di una "luce" che filtra tra i rami inestricabili dell'impenetrabile foresta dei segni che, diventando simboli, partecipano di quella oscurità luminosa, di cui rimandano appena un lucore che non lascia rifulgere l'angelica bellezza, in virtù della quale il nostro poeta si sente trascendere senza però che riesca ad esprimerla. ("a trascendersi in me/ è forse un angelo/ (…) mi asseconda/ a snudare la bellezza/ da frammenti di parole e suoni/ qui nel mio sangue/ ecco si leva il fiore/ che non so dire"). In Serino, il desiderio d'infinito è più forte del dolore, del senso d'impotenza, del sentirsi preda del caos degli eventi. Una grande fede lo sorregge nel faticoso cammino esistenziale e non lo fa desistere dalla ricerca dell'assoluto, dal quale l'atavica caduta ha allontanato l'uomo gettandolo nel "mare-mondo", in una distanza che sembra incolmabile. Ristabilire il contatto col cielo è possibile "se il precipitare/ in se stessi è in vista di risalita". Fede e speranza permeano questa silloge, ma è la poesia a determinare quello slancio verso l'infinito.
Perché essa è brama, è quella sehnsucht, quel tendere, alla maniera dei romantici, verso qualcosa d'inattingibile che, per Serino, èla "luce indivisa" della creazione: l'origine divina da cui tutto si è generato e verso cui tutto tende a ritornare. Ed è quell'oltre, dove "non c'è ombra", dove la visione sarà chiara; dove, secondo l'insegnamento di San Paolo, guarderemo "faccia a faccia" e non più "per speculum in aenigmate". Lì, l'uomo conquisterà la piena conoscenza, prenderà posto nella verità, si riconoscerà parte del Tutto che è in lui. Sarà come specchiarsi nell'Aleph, in quell'unità, in quel principio, in quel punto che per Borges è l'inizio, il tutto, la fine. E, dunque, secondo l'intuizione di Serino, la vita e la morte non sono l'una il contrario dell'altra, e viceversa; non si contraddicono; anzi, è dalla morte, dalla creazione ex nihilo che scaturisce la vita, e perciò "la vita non è prima/ della morte".
Questo stretto legame tra la vita e la morte è presente, soprattutto, nella prima sezione: "Di luce indivisa", che riprende il titolo della raccolta. In parallelo con la morte – con la quale la vita si accompagna ("la vita ha in tasca la morte") e che è il tessuto di cui la vita stessa è fatta, un "perpetuo/ tramare/ "cospirazioni" del nascere" – è il tema del dolore: "non solo quello/ da carne-urlo animale/ ma sublimato", sentito, vissuto soprattutto come sacrificio, nello spirito e sull'esempio del Cristo, come "Passione per la porta stretta": quella che, come c'insegna il Vangelo, conduce alla vita e alla salvezza. La figura del Cristo è ricorrente ed è presente nei martiri della cristianità, in Agostino, in Madre Teresa, in Gino Strada, ai quali Felice Serino dedica alcuni testi appassionati, densi di spiritualità. E non manca, accanto alla fede, alla fiducia piena nel Signore, al quale egli chiede di plasmarlo secondo il Suo volere offrendosi ai Suoi piedi come "sgabello di gratitudine", la terribile domanda dell'uomo del nostro tempo: quel "Grido" d'angoscia e di risentimento, al tempo stesso, lanciato forte verso il cielo e rivolto a un Dio assente o indifferente di fronte alle immani tragedie e ai mali che affliggono questo nostro povero mondo. Un "Grido" che, per la sua carica di dolore e di sgomento, tanto ricorda l'urlo di Munch. Esso si ripete più volte, come se volesse percuotere e scuotere le addormentate coscienze e sollecitarle a "rigenerarsi nell'urlo/ della Croce". E quest'urlo che sembra squarciare il silenzio di Dio, scostare il velo del mistero, fa sì che il nostro poeta si affidi all'angelo custode perché lo "aiuti a scalzare/ ogni giorno la morte", si senta sollevato dalla precarietà del vivere e si abbandoni al sogno fino a contemplare il "fiume di luce" oltre la morte, la quale egli finisce per negare, nella certezza di essere da sempre nella mente di Dio e, dunque, di godere già di una vita eterna, alla quale è impossibile morire. In Serino, il sogno ha questa funzione "rivelatrice", escatologica, ma è anche il tuffo nel passato, il nostalgico "ritorno" alla "verde età fuggitiva", che il poeta "rivive" in "lampi di visioni".
Non mancano in questa raccolta le poesie a tema sociale. In "Hikikomori", "l'oriente/ dove cresce la luce" si perde con la poesia del mondo dietro "le spalle" dei ragazzi che, fagocitati dalla rete informatica, s'illudono di vivere esperienze reali senza rendersi conto di "precipitare" nel vuoto dei rapporti virtuali, di vivere "vite separate tra l'ombra e l'anima", ovvero, quella condizione di «solitudine multipla» che il sociologo Aldo Bonomi ha sintetizzato efficacemente nel concetto di uomo glocale, condannato alla solitudine, pure essendo a contatto con tutto il mondo attraverso il sistema di comunicazioni in cui è immerso. In "Borderline", il poeta rivolge uno sguardo pietoso ai miseri, ai diseredati, ai poveri "cristi" traditi dalla vita, prima ancora che dall'indifferenza degli uomini. Nell'ultima sezione: "Dediche e trasfigurazioni", sono ricordati eventi tragici (l'11 settembre), le vittime per la giustizia, e personaggi, ovviamente cari al poeta, come l'amico Flavio, i poeti Ungaretti, Alda Merini, Rimbaud, Whitman; lo scrittore Hemingway; il filosofo mistico Swedenborg; l'attore James Dean; S. Francesco. E ritornano gli emarginati nella figura del clochard, "puntato a dito/ quest'uomo fatto/ torcia/ per gioco". In questa silloge, che può essere considerata una "biografia" dell'anima del nostro poeta, troviamo, proprio tra le dediche, una poesia in cui egli parla di sé, del proprio "male di vivere" che riesce a respingere, a ricacciare indietro, come un "satana", trovando la forza nella nuova luce dello sguardo dell'anziano con il quale si accompagna e i cui semplici gesti, un sorriso, una parola gli fanno riscoprire il senso e il piacere della vita. E questa riscoperta è la meta, che dà inizio e valore al cammino dell'uomo e del poeta Felice Serino.
(Guglielmo Peralta)
1) il termine è mio, derivato dal greco aletheia: svelamento, rivelazione, nel senso heideggeriano di non essere nascosto dell'ente.
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Felice Serino, Frammenti di luce indivisa (poesie scelte) letto da Angela Greco
Frammenti di luce indivisa – poesie scelte è l'ultima opera di Felice Serino pubblicato dal Centro Studi Tindari-Patti (ME) nel mese di novembre 2015 (dello stesso Autore Il sasso nello stagno di AnGre ha ospitato anche la precedente raccolta poetica uscita nel 2014).
Il testo è articolato in cinque sezioni (Di luce indivisa; Dai cieli del sogno; Ladro di parole; In divenire; Trasfigurazioni e dediche) comprendenti una selezione di testi poetici che abbraccia i temi emblematici della poetica di Felice Serino: lo spirito, il rapporto con Dio, il proprio vissuto e la propria età, il sociale, ovvero quei motivi vicini ed universali che hanno colpito la sensibilità del poeta e che egli ha voluto "fermare" sulla carta. Sono attimi, frammenti appunto, catturati tra le esperienze quotidiane del corpo e dell'anima, momenti che Felice Serino viveprofondamente e restituisce al lettore alla luce della sua esperienza del mondo. Quindi frammenti di luce non divisa, unita, indivisa appunto, come recita il titolo, perché ogni cosa, ogni persona, ogni incontro con l'umano e con il l'oltre-umano, per Felice è parte del tutto, è scintilla, raggio, che fa parte di quella luce maggiore qual è la Vita, intesa nel suo tratto terrestre e nel suo prosieguo oltre la stessa. E anche la Poesia diventa un modo di partecipare ad un progetto più grande del mero scrivere, di quell'atteso emozionare che principalmente è chiesto ad una poesia, divenendo in questo caso strumento di crescita soprattutto spirituale; elemento, quest'ultimo, in cuil'autore si ritrova pienamente.
E' una poesia dal tono asciutto, dal verso breve (come già nella precedente silloge di cui abbiamo avuto modo di apprezzare qui su questo blog), incisivo e colmo di studio, di preparazione sull'argomento, come ad esempio quando 'parla' Sant'Agostino a pag.23 (Si dice di Agostino), dove il poeta dimostra di aver ruminato il fatto filosofico, rendendolo in parole comprensibilissime, semplici come di francescana memoria.
Una nuova scelta di poesie, dunque, quest'ultima di Felice Serino, dove non dispiace trattenersi e perdersi, approfondire e apprendere, accompagnati pagina per pagina dalla matura serenità dell'autore, che emerge in una dolcezza che non lascia non indifferente il lettore. (Angela Greco)
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poesie tratte da Frammenti di Luce indivisa (Centro Studi Tindari-Patti, 2015)
L'angelo
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noi lacere trasparenze
-sostanza di luce e di sangue-
a superare d'un passo la morte
.
solleva l'angelo un lembo di cielo
svela l'altra faccia del giorno
(pag.19)
*
Vortice di foglie
.
distrazione
del Supremo – dici – la nostra parte
mancante? ovvero caduta
d'angelo nel mare-mondo?
.
non siamo
che un vortice di foglie…
.
ma se il precipitare
in se stessi è in vista di risalita
(alla notte
segue il giorno)
.
allora non esiste
–sai- chi potrà recidere
questo cordone ombelicale col cielo
(pag.43)
*
Congetture
.
si vive
per approssimazione
.
si sta
come d'autunno…
di ungarettiana memoria
.
o
dall'origine
scollàti dal cielo
a vestire la morte
…fino
al fiume di luce che
ci prenderà e saremo
un'altra cosa…
.
congetture
.
… ma lasciatemi sognare
un sogno che non pesa
(pag.49)
*
Venne a trovarti la poesia
.
giunse come un vento lieve
a frugarti le pieghe
dell'anima
e guidandoti verso stanze
inconsce
mondi paralleli ti apriva
.
… ora sperimenti
il tuo daimon
-a divorarti
per sempre
(pag.72)
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Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941; autodidatta. Vive a Torino. Ha pubblicato varie raccolte: da Il dio-boomerang del 1978 a D'un trasognato dove del 2014. Ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in sei lingue. Intensa anche la sua attività redazionale. Tutta la sua opera è visibile on-line. SESTOSENSOPOESIA feliceserino's blog è il suo spazio in rete.
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SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO
FELICE SERINO : " LA VITA NASCOSTA" – Ed. Il mio libro – 2017- pagg. 368 – € 22,00 —-
Con una propria narrazione pacata e teneramente cucita Felice Serino (1941) riesce a realizzare volumi di poesia concepiti nel ritmo musicale corposo e ricco di sfumature , validamente sostenuto dalla sua intaccabile coagulabilità di autodidatta. Poesie scritte tra il 2014 e il 2017 , e qui sciorinate in capitoli : "trasfigurati aneliti" , "nell'infinito di noi" , "lo sguardo velato", colmi di partecipazioni oniriche , di illusioni visive , di fragili vertigini, di aneliti di infinito , di vaghe chimere , di indicibili essenze.
"Ha un titolo davvero bello – scrive Giovanni Perri in prefazione – la silloge che il poeta mette in stampa affinché ci colga da subito pienezza e fragilità di un canto da cui discendere , o salire appunto, nel medesimo barbaglio, in un solo grande abbraccio di luce a raccoglierci, a definirci : scintilla interminabile di occhi inconclusi eppure trattenuto nella stessa ferita, nella stessa livida vitalità."
Un tipo di poesia che fa leva sugli occhi, sulle capacità visive policromatiche degli occhi, questo organo della vista che ci permette di vedere, a volte, cose inaudite se accompagnato e potenziato dalla immaginazione. In questa poesia, da un semplice atto di osservazione, l'autore ricostruisce tutto un universo di sensazioni, di percezioni, di idee che altrimenti sarebbero rimaste nel buio del non-detto. Con la freschezza degli spazi precisi e centrati , con la tensione condivisa e affascinante degli incantamenti, Felice Serino ripropone i suoi esperimenti stilistico formali, ricchi di figure retoriche di armoniose e ampie declinazioni, mostrando le possibilità che la parola , povera e sussurrata , scopre nel fermarsi e fuggire, con levigatezza e nitore. L'alba e il tramonto, la primavera e l'autunno , l'amore e la morte , le vele e i sussulti , le nudità e i tumulti , vanno oltre il ripiegamento solipsistico, ove la superficie della tela ha la ricchezza di sinestesie e di nascondimenti coloristici, quasi a suggerire toni e controcanti in emblemi e stilemi.
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ANTONIO SPAGNUOLO
https://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.it/2017/05/segnalazione-volumi-felice-serino.html
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Così commenta Vanni Spagnoli la mia pubblicazione LA VITA NASCOSTA su ilmiolibro:
Forse davvero "per nessuno c'è il nulla o la morte definitiva", ma è certo che nell'aldiqua Felice Serino sperimenta, coi suoi versi, l'angoscioso passaggio tra una presenza e l'altra, tra uno ieri che lascia tracce precise che resistono agli anni ed un oggi che, troppo spesso, lascia smarriti. Poesie davvero toccanti.
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nota di lettura a "La vita nascosta" di Felice Serino (di Giovanni Perri)
E' appena uscita, nei tipi "Il mio libro", l'ultima raccolta di poesie di Felice Serino "La vita nascosta" (pagg. 368, euro 22; 2017): un volume corposo a cui il poeta ha dato impegno e abilità nel combinare forme quasi al limite della palpabilità, tale è la materia dei suoi versi, sempre indicativi d'un limite da attraversare, una soglia variamente percepita a memoria di palpito o sollievo, come segnata a margine di un sogno. Ed è inconcluso e sovratemporale il sogno, girato nel cono di luce che lo svela.
Serino ha questo progetto di magia nei versi: poesia come attraversamento e sosta, domanda nella risposta; inventario di formule aeree illuminate e illuminanti: quasi fosse un tragitto segreto tra pareti di vetro da cui vedere. Spesso si nota un tentativo di infrangere il vetro, magari con un urlo, magari l'urlo fa solo tremare il vetro, ma quel tremore basta poco a capire che è la sostanza del nostro mondo interiore: un mondo clessidra, pieno di feritoie e nascondigli, tutto paure e desideri, bagagli con dentro il timore della felicità. Perché felicità è il Dio ascoso a cui Serino pensa con tutta la gravità possibile, cucendo lo strappo dell'amore-inquietudine, nella dicotomia essere/apparire, nella indomabilità del respiro di ogni minima luce da cui ripartire, nel desiderio di trascendere ogni possibile forma. Serino ausculta ed espande le onde magnetiche di un attrito originario: il battito del tempo, l'indefinita sosta nel regno dei sensi, ogni distanza immaginabile: ed è un vedere ad occhi chiusi ovvero un percepire, un ballare la danza obliqua della morte sublimando la vita nel brillìo di tutti i suoni.
Al centro la cifra altissima di versi capaci dell'azzurrocielo e del neromare, della terra che ha voce di uomini fatti angeli, vortici dove perdere mani e parola perché è lì la Vita nascosta, la forma entro cui è combinato ogni flash di pensiero, ogni sussulto capace di portarci in un altrove ri-generante.
Giovanni Perri
https://poesiaurbana.altervista.org/nota-lettura-la-vita-nascosta-felice-serino-giovanni-perri/
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Recensione a "La vita nascosta" di Felice Serino
Di Donatella Pezzino
Il poeta: sognatore, visionario, angelo caduto. Nel caso di Felice Serino, anche viandante. La cui strada sta in quella sottile zona intermedia tra il mondo sensibile e la dimensione trascendente. Per questo viandante, la vita stessa è viaggio; una ricerca continua e instancabile, un afflato spirituale, prima ancora che lirico, verso quell'oltre che ogni realtà sembra sempre celare in sé. Non a caso, "La vita nascosta" è il titolo della pluriennale raccolta di liriche nelle quali, dal 2014 al 2017, l'anima del viandante si è voluta raccontare, riversare, svelare: nelle dolcezze dell'attimo, negli inciampi sotto la pioggia battente, nei vuoti incolmabili, nelle domande senza risposta; nei lunghi dialoghi con sé stessa e con Dio. Questo è Felice Serino, fine artigiano di sogni reali e di realtà sognante, aedo di una dimensione parallela in cui tutto parla con il linguaggio perfetto, intellegibile solo all'anima: il silenzio. E in Serino il silenzio racconta i ricordi, le lotte, gli affanni segreti; facendosi racconto di un lungo percorso verso quel punto luminoso e vitale che, lungi dall'essere il punto d'arrivo, diventa abbandono catartico. In questo percorso, l'anima errante si fa parola, e parola silenziosa; in quella contemporaneità di passato, presente e futuro che è, in fondo, la vera estensione del nostro vissuto. Come ogni silenzio, anche la parola silenziosa di Serino è coincidenza di opposti: tutto e niente, vita e morte, trascendenza e immanenza, carne e spirito. In quanto tale, ogni parola è un infinito: di voci, di suoni, di odori; di ricordi, di percezioni; di gioie incontenibili e di dolori laceranti. Quante cose quindi potrà raccontare? Quante potrà fare emergere dal cuore di chi sa ascoltare? Per questo, in Serino l'autore si fa, più che creatore, scultore del verso: uno scultore sensibile e amorevole, che rivela, sbozza, combina forme esfumature; senza mai eccedere, perché la bellezza, così come la verità, sta sempre nel giusto, nell'armonico, mai nell'eccesso. Ecco perché ogni poesia di questo autore spicca per la sua moderazione: nei colori soffusi, quasi un bianco e nero appena rosato; nel numero dei versi, pochi e intrisi di dolcezza, anche quando in essi è il grido dirompente, lo strazio esistenziale, la malinconia che corrode. Un fiore esangue, spampanato già al suo sbocciare: perché nei suoi colori, l'occhio dell'anima vede già come fatto compiuto quel trascolorare che della morte ha solo l'apparenza, ma che in realtà manifesta la vera essenza della vita. Lo spirito: ecco la dimensione nella quale tutta la poesia di Serino si fa carne e sangue, per sublimare poi nella fede ciò che per altri è destinato a rimanere puro male di vivere. In Serino, la coscienza del dolore è ferita aperta: viva, bruciante, inguaribile. Eppure, il dolore è luce. Che ci guida, che ci sostiene. E che pure è possibile amare:
pure
ami la luce
ferita:
chiedile
delle infinite crocifissioni
fattene guanciale
in notti di pianto
Una fine che è dentro ogni inizio: perché andare avanti è un guardarsi indietro, dove uno specchio moltiplica all'infinito le nostre contraddizioni:
Luce ed ombra rebus in cui siamo
impronte di noi oltre la memoria
forse resteranno o
risucchiati saremo
ombre esangui nell'imbuto
degli anni
guardi all'indietro ai tanti
io disincarnati
attimi confitti nel respiro
a comporre infinite morti
C'è ovunque, in questo voltarsi indietro, un forte senso delle cose perdute: non puro e semplice rimpianto, ma quasi una cancrena, cresciuta nella parte più nascosta del cuore per poi radicarsi in ogni punto della carne, fino a creare un velo tra noi stessi e la nostra capacità di rapportarci al presente:
pensando a te vedo
il vuoto di una porta
e dietro la porta ricordi
a intrecciare sequenze indistinte
sogni e pensieri asciugati
mentre un sole
di sangue s'immerge nel mare
Il presente, in questo senso, si configura come una lunga sequenza di déjà-vu, intrecciando il vissuto alla memoria, e le immagini dei luoghi sognati a profumi realmente accaduti:
del luogo sente quasi il profumo
salire dalla terra
lo spirito che si piega
a contemplare
gli sembra di esserci già stato
o forse l' ha sognato
… e quell'albero vetusto
sopravvissuto
a suo padre a fargli ombra
a occultargli
in parte l'ampia veduta
del mare quello stesso mare
che vide i suoi verdi anni
e il vissuto
(come in sogno) divenuto
lontana memoria
Il mare, la terra, la giovinezza; la visione, il ricordo, e poi, più profondamente, la coscienza di sé, nuda, scarna. Un sé da cui la morte, prima ancora che la vita ci abbia detto chi siamo, ci separa, ci libera, stemperandoci amnioticamente nelle acque di un cielo in cui la rinascita è al tempo stesso un ritorno.
alla fine del tempo
è come ti separassi da te stesso
in un secondo ineluttabile strappo
simile alla nascita
quando
ti tirarono fuori dal mare
amniotico
luogo primordiale del Sogno
stato che
è casa del cielo
Nella morte tutto, forse, sembra acquisire un senso nuovo: perché in quel distacco, paradossalmente, il mondo ci possiede come mai quando eravamo in vita:
ritenere antinomia
la morte – la tua
come un abbaglio o un
trapassare di veli
e nel distacco
quando
il mondo senza più te sarà
impregnato della tua essenza
" leggerai" il tuo
necrologio
pagato un tanto a riga
Non manca, in queste liriche, l'appello al sogno come via di salvezza dalla più scabra disillusione: ma lo scandaglio, minuzioso e severo, sembra non avere esito certo. La domanda resta appesa; gli anni a tremare, indistinti, nella loro stessa ombra. E' l'indefinito, uno dei motivi più forti e pregnanti di tutta l'opera: quel punto cartesianamente evidente, chiaro e distinto, l'unica verità delle cose che, in ultima analisi, ci è data di conoscere.
è nello spazio delle attese
nel bianco del foglio
nel buco nero del grido di munch
l'indefinito
è nell'aprirsi del fiore
nel fischio del treno in un lancinante addio
nell'intaglio
dello scalpello su un marmo abbozzato
l'indefinito è in noi
sin dallo strappo
di sangue della nascita
Non esiste antidoto alla nostra piccolezza, alla nostra finitezza: tutte le riflessioni, anche le più raffinate, ci portano sempre allo stesso vicolo cieco, alla stessa prigione di carne e sangue dove lo spirito soffre, ricorda, ama. Per questo il viaggio, seppure inquieto e periglioso, è preferibile alla quieta stasi di una stanza chiusa: "forse meglio l'attesa/a dipanare e sdipanare le ore/che l'appagamento/senza più desideri", perché il bisogno di desiderare è insito nella stessa condizione umana; quasi come l'atto del respirare, in cui un respiro ne attende un altro, e poi un altro ancora, per permettere al corpo di continuare a vivere. E' questa attesa che rende l'uomo, pur nella sua limitatezza, arbitro del suo destino; all'interno, però, di un disegno più grande da cui
Serino, in quanto uomo di spirito e di fede, non può prescindere:
chi mai ti toglierà quel posto
da Lui riservato
secondo i tuoi meriti
altro è la poltrona
accaparrata a
sgomitate
trespolo che pur traballa
come in un mare mosso
finché uno tsunami
non la rovescia la vita
Chi è il Dio di Felice Serino? Da un filosofo, costantemente proteso al fine lavoro speculativo, potremmo forse aspettarci qualcosa di complesso, di aristotelico, che ci spieghi in qualche modo i grandi quesiti dell'esistenza.Invece, il Dio di Serino è amore. Solo e semplicemente amore, e conoscibile in quanto la nostra anima ne costituisce il riflesso:
noi siamo proiezione di Dio
e come angeli incarnati
del nostro Sé
similmente di noi
i nostri figli
-frecce scoccate oltre
il corpo
dall'arco teso dell'amore
E' il Dio dell'infanzia, della semplicità: dei lunghi colloqui del bambino con il proprio angelo custode, della vita dopo la morte, dell'eternità di quella Luce che culla e conforta l'anima alla fine del viaggio:
la Tua luce
abita la mia ferita
che trova
un lieto solco
nel suo risplendere
Tu
a farti bambino ed ultimo
per accogliere
il nomade d'amore
dalle aperte piaghe
Piaghe che rimandano ad altre, più profonde e traboccanti: le piaghe della Passione, il cui rosso sangue diventa, come l'ultima luce del cielo al tramonto, faro di salvezza per le anime disperse nei marosi della vita:
acqua mutata in vino
perché continui la festa
così al banchetto del cielo
con l'Agnello sacrificato
acqua e sangue dal Suo costato
dal sacro cuore vele
le vele rosse della Passione
nella rotta del Sole
per gli erranti della terra
E, seguendo questa rotta, si arriva; come è accaduto alle anime piccole che hanno creduto, e che chiudendo gli occhi hanno visto, attraversando il fango del mondo senza restarne macchiati, come espresso in questi versi dedicati a Madre Teresa:
la verità è il tuo sangue
che vola alto
planando
su celestiali lidi
oltre
le sere che chiudono le palpebre
sul cerchio opaco del male
https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-la-vita-nascosta-felice-serino/
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SEGNALAZIONE VOLUMI = FELICE SERINO
Felice Serino – "La vita nascosta" – (poesie 2014 – 2017)
Copyright 2017 by Felice Serino
Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia.
Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano anche poeti prestigiosi. E' stato tradotto in otto lingue.
"La vita nascosta" è un'opera corposa nel suo racchiudere le raccolte del Nostro "Trasfigurati aneliti" (2015) e "Nell'infinito di noi" (2016) ed è corredata da una presentazione di Giovanni Perri ricca di acribia.
Cifra essenziale, che connota la poetica del Nostro, di raccolta in raccolta, è una vena originalissima che parte da una visione del sacro, visto sia in maniera trascendente che immanente. Serino si pone nei confronti della realtà, del mondo, del cosmo, che nella nostra contemporaneità spesso diviene caos, inizialmente come creatura che anela ad un essere superiore tramite una religiosità che supera e va oltre le forme confessionali e ritualistiche della Chiesa. Sono spesso nominati da Felice Dio, Gesù, la Madonna e soprattutto gli angeli, ma il poeta non cade nel dogmatismo,credendo in un amore interessato per Dio, in un rapporto con Lui non mediato, tipico dei mistici, e che trova la sua realizzazione, il suo inveramento proprio attraverso, le sue poesie, che presentano unitarietà del discorso e coerenza. Proprio in questo modo e in tal senso egli da creatura si eleva a persona, che vive criticamente in una società, relazionandosi con essa secondo una sua personalissima visione del mondo. Tema essenziale del suo "riflettere in versi" è quello dell'amore per la vita, che lo porta ad una certa forma di ottimismo. Per Serino l'esistenza umana èdegna di essere vissuta e anche la morte non è considerata come la fine di tutto, ma come il passaggio dalla transitorietà all'eternità. Non solo i contenuti sono originali nel poiein dell'autore, ma anche la forma dei suoi testi in massima parte brevi. Il poeta attraverso gli occhi si rivolge alle cose che lo circondano, che vengono trasfigurate in versi, divenendo cariche di senso e di pathos. Ecco dunque il sentire di Serino in "Trasfigurati aneliti", che esprime la stabile tensione del poeta verso l'universo e anche verso il microcosmo. Il libro è costituito da 45 componimenti tutti forniti di titolo e non è scandito in sezioni. Trasfigurati aneliti potrebbe essere letto come un poemetto vista la sua unitarietà e tutte le poesie che lo compongono fluiscono in lunga ed ininterrotta sequenza e sono risolte in un unico respiro. S'incontrano diversi interlocutori in questa raccolta, ai quali l'io-poetante si rivolge, figure che sono Dio, Gesù, gli angeli e anche esseri terreni dei quali ogni riferimento resta taciuto. Una vena epigrammatica connota il dettato del poeta che pratica una poesia neolirica. Sinotano precisione, velocità, leggerezza, icasticità, grazia e armonia nel versificare di questo
autore. A volte il tema del sacro si coniuga con quello della classicità, in versi sempre luminosi e controllatissimi.
In "Nell'infinito di noi", Serino continua ad elaborare la sua personalissima e originale ricerca letteraria. La raccolta è suddivisa in due sezioni, entrambe costituite da quarantacinque componimenti, "Lo sguardo velato" e quella eponima. Se la poesia è in se stessa sempre metafisica, si deve mettere in evidenza che, di raccolta inraccolta, Felice riesce a produrre componimenti collegati tra loro che, oltre ad essere metafisici, sono connotati sempre da un forte alone, o ancora meglio, da un'aurea di sorprendente misticismo postmoderno. Il suddetto si può evincere, sia in testi che hanno come oggetto o tematica figure tratte dall'immaginario religioso, come il Cristo o gli angeli, sia quando il poeta proietta la sua vena trascendente in situazioni del tutto quotidiane, nelle quali l'io – poetante e le varie figure protagoniste, dette con urgenza, sono in tensione appunto verso l'infinito (e qui giocano un ruolo importante le tematiche della nascita e della morte). Unaccentuato senso del sacro caratterizza "Nell'infinito di noi". Esso qui trova la sua espressione estrema, rispetto alle raccolte precedenti del Nostro, nelle quali già si notava. Il poeta sembra suggerirci, con il titolo della raccolta, che noi esseri, come persone, pur vivendo sotto specie umana, per dirla con Mario Luzi, già nel nostro transito terreno siamo infiniti e che le nostre anime sono immortali. I componimenti sono tutti connotati (e non potrebbe essere altrimenti per quanto già affermato), da sospensione e magia che si realizzano nei versi icastici, veloci e leggeri. Stabile è la tensione verso il limite nella ricerca dell'attimo in senso heideggeriano, della vita oltre il tempo degli orologi. Così Serino produce tessuti linguistici pieni di illuminazioni e spegnimenti, nei quali è visibile una luce, che è appunto quella di una realtà soprannaturale, che si proietta tout-court in quella delle nostre vite, restituendoci una notevole carica di senso. Particolarmente affascinante, nella sezione eponima, la poesia intitolata proprio Nell'infinito di noi, nella quale sono stabili visionarietà, sospensione e dissolvenza. In questa il tu, al quale il poeta si rivolge, e del quale ogniriferimento resta taciuto, è Nina, una figura che, nell'incipit, volteggia nelle stanze viola della memoria. Qui si evidenzia una forte tensione attraverso una parola sempre raffinata ed avvertita. Particolarmente alto il verso apparire o entrare nello specchio/ dell'essenza, nella quale è presente una forte valenza ontologica. Nella seconda breve strofa della composizione il tu afferma che qui siamo affratellati nel sangue con la terra e la morte. Poetica mistica, dunque quella di Serino, la cui cifra essenziale è quella di una parola che scava in profondità per riportare alla luce l'essenza dell'esistere in tutte le sue sfaccettature.
Perché il titolo onnicomprensivo La vita nascosta? La risposta risiede nel fatto che nel mare magnum del nostro postmoderno occidentale l'umanità è alienata e vittima del consumismo e del mondo dell'avere che prevale su quello dell'essere su uno sfondo dove Dio è morto e i valori non esistono.
I poeti in generale, e tanto più Serino che oltre ad essere un poeta è un mistico, nel loro pensiero divergente, trovano la felicità in altri modi e la vita nascosta di cui ci parla il Nostro è una vita parallela a misura umana perché sottende l'atto di fede nell'esistenza dell'eternità e non la credenza nel nulla eterno foscoliano.
*
Raffaele Piazza
https://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.it/2017/06/segnalazione-volumi-felice-serino.html
https://www.literary.it/dati/literary/p/piazza/la_vita_nascosta_poesie_2014.html
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Riflessioni di Lorenzo Spurio su LA VITA NASCOSTA
(dalla lettera privata del 31 luglio 2017)
Caro Serino,
ho letto il tuo libro e mi complimento con te per questa estesa e notevole "opera omnia" (lasciami la libertà di usare questo termine, seppure improprio).
[…]
C'è tanto su cui riflettere (come ad esempio le poesie nelle quali rifletti sul potere della scrittura) e l'esigenza che la poesia "respiri", ma finirei per scrivere un quaderno intero e forse stancare essendo, queste riflessioni, scaturite dalla mia personale lettura e possono anche non ritrovarsi nei tuoi intendimenti.
Tra le poesie più ricche e che tanto mi hanno trasmesso, ci sono
"L'indicibile, "A bocca piena", la dolorosa lirica su Rigopiano, "Liquida".
*
Qui di seguito sono trascritti i testi delle poesie menzionate, vi sono aggiunte la prima e l'ultima di cui nella lettera sono citati dei versi.
Conosco le voci
conosco le voci che muoiono
agli angoli delle sere
conosco le braccia appoggiate
sui tavoli nel risucchio
delle ore piccole
l'aria densa e le luci
che lacrimano fumo
e lo sferragliare dell'ultimo tram
la nebbia che mura le strade
conosco
i lampi intermittenti della mente
i singulti che accompagnano
quel salire pesante le scale
la morsa che afferra e non sai
risponderti se la vita ti scava
e il freddo letto poi fuori
dal tunnel
un altro mattino
per risorgere o morire
*
L'indicibile
dove deflagrano
nude parole al di là
della scrittura
ho cercato nel calamaio del cuore
l'inesprimibile
ciò
che non può essere detto
ho cercato stanze
inesplorate
negli anfratti del mare
le voci
trattenute
nella gola del vento
l'indicibile
nella luce della bellezza
*
A bocca piena
trucidata vita
dai lenzuoli di sangue nei telegiornali
un dire assuefatto freddo
che ti sorprende non più di tanto a bocca piena
che non arriva al cuore
-per quei bambini occhi rovesciati
a galleggiare
su un mare di speranza
la cui patria è ora il cielo
violata la sacralità
vita che non è più vita
vilipesa resa
quale fiore a uno strappo feroce
di vento
*
La slavina
perla nel cuore del Gran Sasso
il "quattro stelle" non esiste più
ghermito dalla mostruosa
mano di ghiaccio
meglio la sorte dei sopravvissuti
ti dici
e ancora sperare
sotto la neve una voce udire
pensi ai familiari perduti
deglutendo caffelatte e lacrime
[tragedia del 18 gennaio 2017]
*
Liquida
è striscia di luce verde
la mente
mentre la forma
assumi
dell'involucro-status quo
alchimie del sangue
nel vestire la vita
il chi-sei
serpeggia
si morde la coda
*
L'essenza
inadeguati noi
gettati nel mare-mondo
legati ad una stella di sangue
noi siamo l'alfabeto del corpo
che grida
il suo esserci
noi essenza degli elementi
appendici della terra
labbra del cielo
.
Felice Serino, La vita nascosta (poesie 2014 – 2017) letto da Angela Greco
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sguardi e il tracimare
di palpiti
alle rive del cuore
aria dolce come
di labbra
incanutire di fronde
nella liquida luce
La vita nascosta (2017), di Felice Serino (Pozzuoli, 1941), ultima silloge edita per i tipi "Il mio libro" (in apertura di questa nota, Sguardi e il tracimare) sin dall'esordio propone un impegnativo corpo a corpo tra lettura e lettore sia per l'importante numero di liriche raccolte, sia per il percorso sacro-intimistico-sociale che in essa si snoda, attraversando momenti pubblici e privati, accadimenti reali e propositi a venire, in un caleidoscopio di sensazioni \ emozioni fedele alla poetica, allo stile e al tono pacato e garbato a cui l'autore ci ha felicemente abituati in questi anni da "autodidatta", come egli stesso si definisce, rivelando con una sorta di meraviglia, in riferimento alla Poesia, l'essenzialità del fatto che in questo comparto non esistono scuole dove imparare il mestiere, ma, quasi si avesse a che fare con un destino, ognuno è artefice di se stesso. Ed in tempi di proclamate e ostentate scuole-correnti di pensiero non è poco affidarsi a se stesso, con tutte le conseguenze del caso, non per presunzione, quanto piuttosto per volontà di riconoscere fin dove si è capaci di arrivare e scoprendo, magari, che ogni limite può essere un'opportunità.
La silloge, introdotta da Giovanni Perri, propone trecento pagine di testi prodotti nell'ultimo triennio; un dato, questo, che fa ben comprendere il bisogno e la necessità che ancora si hanno della poesia, per la capacità di quest'ultima di riuscire ad esternare quel che è difficilmente esprimibile in altri modi. La poesia è, quindi, ancora un bene indispensabile – ed il lavoro di un poeta di lungo corso dovrebbe far riflettere sullo stato dell'arte – anche in questi nostri tempi di presunto futuro rivoluzionario, di cambiamenti, di distruzione dei valori fino allo sgretolamento della parte umana dell'essere vivente. Felice Serino crede nella poesia, come veicolo di miglioramento e di crescita, tanto del poeta quanto del fruitore della stessa, e nelle sue liriche racconta il vissuto, porta materialmente l'esperienza la riuscita e la disfatta con molta onestà, ad esempio, come si legge in Luce ed ombra:
luce ed ombra rebus in cui siamo
impronte di noi oltre la memoria
forse resteranno o
risucchiati saremo
ombre esangui nell'imbuto
degli anni
guardi all'indietro ai tanti
io disincarnati
attimi confitti nel respiro
a comporre infinite morti
L'interesse di Serino è senza dubbio l'Uomo, la Persona, in un'ottica trascendentale, plurale, e mai personalistica: anche quando il soggetto è l'Io, la riflessione poetica non si ferma mai al Sé, ma abbraccia sempre e comunque l'esperienza che può già essere o diventare patrimonio comune. Serino si pone come suggeritore, come consigliere, come insufflatore di positività. Ed ecco, allora, che anche l'esperienza più drammatica, come la morte, in questo poeta diventa qualcosa che non chiude, ma piuttosto apre ad una nuova visione e l'Uomo, nonostante i difetti, viene ad essere un elemento non attorno a cui ruota tutto il resto, ma un pezzo di un più grande disegno di cui si può solo tentare di dire attraverso la poesia, appunto. Ne La separazione si legge:
alla fine del tempo
è come ti separassi da te stesso
in un secondo ineluttabile strappo
simile alla nascita
quando
ti tirarono fuori dal mare
amniotico
luogo primordiale del Sogno
stato che
è casa del cielo
La poesia di Felice Serino, con la sua concretezza e il suo vissuto, anche laddove prevale il senso etereo o metafisico o quando richiama il sacro e finanche nei riferimenti all'arte, arriva al lettore diretta, mai sofisticata da espressioni scritte soltanto per destare scalpore, per mettersi in mostra o per creare un personaggio; puntuale e delicata anche negli argomenti più impegnativi, questa scrittura poetica rende in modo nitido e molto piacevole il frutto di riflessioni attente e dello studio continuo, sempre quali esternazioni di un grande amore per la conoscenza e per la materia vivente, in tutte le sue forme. Nella verticalità, nel tempo oltre la vita, nell'augurio di luce e nell'ineffabilità di cui è vestito il testo di In questo riflesso dell'eterno a parer mio è possibile leggere i temi cruciali della poetica di questo prolifico autore, che mostra senza fronzoli anche una dote poco comune tra i poeti, la generosità. (Angela Greco)
credimi vorrei dirti che quanto
avviene anche là avviene
oltre le galassie oltre
lo specchio dei tuoi occhi amore
anzi certamente è presente
da sempre in mente dèi
imbrigliati noi siamo in un giorno
rallentato
noi spugne del tempo
assediati da passioni sanguigne
credi mia cara che quanto
avviene semplicemente
lo rappresentiamo
sulla scacchiera del mondo
noi essenze incarnate
in questo riflesso dell'eterno
dove l'anima si specchia
mentre ci appare infinito
mistero la vita – miracolo
tutta questa luce che
ci attraversa
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LETTURE E RECENSIONI: DOVE PALPITA IL MIO SOGNO DI FELICE SERINO
La forza della poesia sta nell'emozione, nella vis che, nella scabra architettura dei versi, nella loro intima struttura genetica, riesce a creare empatia tra il lettore e l'autore, in uno sforzo diegetico che va oltre il normale sentire.
La lettura di Dove palpita il mio sogno conduce all'essenza stessa della poetica di Felice Serino, impulsi creativi che diventano squarci di realtà mistica e surreale. Parole-simbolo, sprazzi di marmorea emotività che Serino scolpisce nella loro nudità, senza infingimenti o barocchismi letterari.
Il poeta rifugge da ogni manierismo lessicale e vive la propria spiritualità creativa in una dimensione quasi sincretica in cui la prosaicità della quotidianità sfocia in proiezioni estatiche: conosco le voci che muoiono / agli angoli delle sere.(…) e lo sferragliare dell'ultimo tram / la nebbia che mura le strade(…) e il freddo letto poi fuori/ dal tunnel/ un altro mattino".
La palingenesi della natura è un tema costante nella poetica di Felice Serino che confonde in sé l'umano finito e un ermetismo di respiro universale: la luce si spalma / dentro la parola / che di sé vive. Ed ancora significativamente i versi: non si chiuderà il cerchio se / come si sa / è del Demiurgo un continuo creare / infiniti/ mondi-entità col solo sognarsi.
La dimensione onirica, più volte richiamata nei versi, è il privilegio dell'artista, l'isola dei sensi, del tempo che non passa e crea, l'eterno divenire dove la Musa trae la sua forza ermeneutica, il travaglio dell'opera e dove le assonanze emotive hanno la loro forza plasmatica.
Felice Serino vive una genuina stagione artistica, prolifica, raffinata e meritoria. Egli offre nei versi una lettura nuova della realtà sensoriale che trascina a sentire le poesie come frammenti di sogni, in cui la verità è a occhi nudi, che penetra dentro il cuore e la mente del poeta in una simbiotica ed intima sofferenza: sei come quell'albero reciso / la cui ferita bianca / non si vede sanguinare.
Il plasma poetico di Felice Serino, dunque, diventa lavacro di emozioni, candida essenza di sentimento nell'incontro con l'umano. Ma la sensibilità del poeta va oltre l'orizzonte meramente umano, egli, ha ben chiara la proiezione verticalistica del proprio spirito: i versi documentano la religiosità dell'autore che si sviluppa in un tormento che è allo stesso tempo sicurezza e fonte di ispirazione.
L'afflato della Creazione diventa il "sogno di Dio" che si capovolge a causa della insipienza umana, di quell'Adamo, che viene interrogato in modo pleonastico e che esprime nella sua stessa definizione tutta la sua limitatezza.
Il poeta è alla ricerca sofferta di un mondo di luce che rappresenta una moderna pure intima rappresentazione di un eden perduto, relegato alla sua inferiore limitatezza dalla caducità di una materialità imperfetta, a cui solo il sogno può rendere l'anelito a quello infinito essere che chiude il cerchio tra umano e divino.
Un plauso, dunque, all'attivissimo e prolifico Felice Serino che con le sue creazioni riesce sempre a sorprendere ed emozionare i suoi lettori, accompagnandoli in un cammino artistico che diventa anche comunione di sentimenti e di spirito.
By Michele Barbera
https://barberamichele.blogspot.com/2018/11/letture-e-recensioni-dove-palpita-il.html?showComment=1543179299290#c2131173191664556197
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Nota di lettura a Felice Serino, "Asimmetrici voli" di Giovanni Perri
Non c'è volta che leggendo Serino, io non resta catturato da una luce. Luce immagine essa stessa. E non c'è volta ch'io non abbia tra le mani la maglia e ne senta l'esatta materia, la sua nuda trasparenza, lo smalto, l'eleganza.
Questo il primo elemento: il verso illuminante, da cui affiorano gli altri.
Ma questa illuminazione, si badi, non è fatta per indicare qualcosa. Essa non descrive, né è tentata da alcuna cartografia per poeti raminghi; la mèta è la sua stessa radice, il suo primo significato, una sorta di matrice, non so come dire, epidermica, olfattiva. Un distico esemplificativo ci ricorda ch'essa è come l'odore della salsedine / del legno bagnato di cui non può che arrivarci, forse, un'eco sublime come quello della pelle dell'amore. Ci fa quasi tornare all'embrione della materia, al suo antichissimo battito dal quale ogni nostra azione, essendo principio, pretende la fine.
Ed è questo il secondo elemento, mi pare, importante per riconoscere la consistenza di questa poesia: il limen. Luce dunque come elemento di confine, di soglia, ma anche come dimora.
In questo appartenersi avviene il miracolo della parola, la soglia si spalanca e l'immagine urla: […] noi siamo l'alfabeto del corpo / che grida / il suo esserci / noi essenza degli elementi / appendici della terra […] e della terra quindi il lascito grave e generoso, il frutto panico che si fa […] strada nel sangue della parola […].
Procede così, lungo un itinerario aereo, ma anche corporeo, il vocabolo alla ricerca del suo fuoco primigenio, ed è sostanza sanguigna che alberga nella lingua, idioma del riconoscimento febbrile. Serino traduce questa febbre nel Volo asimmetrico, che è il terzo elemento e abbraccia in un certo senso gli altri, avvolgendoli in un magico defluire, in un tripudio di trasfigurazioni che è cifra esatta del suo sentire (o del suo andare per fotogrammi), pellicola del suo occhio interiore che cattura, imprigiona, e dopo libera.
Come un diagramma d'Amore la poesia è fragile foglia / appoggiata a una spalliera di brezza. E il poeta anela a un avvicinamento che è infine identificazione, sostegno, fuga, segreto frammento di sé nel mondo, rammento di un'origine che si ripete ancora e ancora, definitiva, eppure incompiuta.
Giovanni Perri
Felice Serino: Asimmetrici voli. Prefazione Donatella Pezzino. E-book (2017)
Finito di realizzare nel Dicembre 2018 da www. poesieinversi.it
*Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.
Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da "Il dio-boomerang" del 1978 a "Lo sguardo velato" del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici.
È stato tradotto in otto lingue.
Intensa anche la sua attività redazionale.
Gestisce vari blog e siti..
.La vita immaginata di Felice Serino letto da Angela Greco AnGre
24 NOVEMBRE 2023~ ANGELA GRECO – ANGRE
La vita immaginata – con 14 «profili» della cultura (2019-2023) è la nuova raccolta autoprodotta di Felice Serino, poeta di lungo corso, nato a Pozzuoli nel1941 e residente a Torino, che da anni è impegnato nella ricerca e nella divulgazione di poesia contemporanea. Questa antologia, corredata da un apparato di brevi saggi su figure di spicco soprattutto dell'ultimo secolo, confermala vocazione dell'autore allo sguardo attento e critico sul quotidiano e su quanto vive, sempre alla luce dei suoi capisaldi poetici, etici e religiosi.
Se "la poesia è un dono fatto agli attenti", come ha scritto Paul Celan, fermo restando il dono, quella di Serino è attenzione rivolta alla poesia e ai suoi lettori ed è, sempre secondo Celan, "un dono che implica destino", allora questo Autore conosce bene la strada che è stata segnata per lui e che a sua volta segna.
Nelle pagine di questa silloge ogni lettore può cogliere a piene mani il meticoloso lavoro poetico di ricerca e di introspezione che viene offerto, ed apprezzare altresì lo studio e l'impegno nel rendere vive figure d'eccellenza colte da differenti campi, che configurano il percorso letterario, emotivo e umano di Felice Serino, che qui manifesta anche le sue non indifferenti doti di saggista. La forma scelta per la quarta e ultima sezione dell'antologia – quella che comprende i quattordici profili della cultura – è il saggio breve, che avvicina il lettore con una scrittura accattivante, incuriosendolo, restando fedele alla forma – cara ai lettori stessi – asciutta ed essenziale, impreziosita da lemmi specifici che da soli aprono mondi, con la quale questo autore si esprime anche in poesia La vita immaginata è un lungo viaggio dentro e fuori l'essere umano volta alla scoperta e riscoperta dell'umanità non edulcorata, privo di barocchismi che sviino o diano false speranze a chi legge. "Immaginata" è sinonimo qui di "sperata" e non realizzata per questo declino che sembra oscurare qualsiasi cielo. Il poeta, però, nonostante l'inevitabile passare del tempo e della Storia, non cede al ripiegarsi su se stesso, ma diventa luce minima volta ad indicare una possibile alternativa per una vita, appunto, che ora non è. Anzi, che non è ancora. [Angela Greco AnGre]
*
Estratti da La vita immaginata – con 14 «profili» della cultura (2019-2023), YCP, 2023, di Felice Serino.
.
Oltre l' esilio
il più bel giorno è quando
oltre l'esilio della carne
mi verranno incontro i miei morti
e i parenti giunti da lontano
a qualcuno scapperà una lacrima e
nell'estremo saluto c' è chi leggerà
con voce tremante alcuni versi
ti sei staccato come foglia
adagiata su una spalliera di brezza
∼
Detrattori
non si può fermare
lo sbocciare della rosa
se vuol dischiudersi
anche nel gelo
nuda
disarmante
contro i detrattori di
bellezza – che
splendenza emana e
armonia
∼
Immortalare
immortalare il momento – la
foto è sfocata
immagine
scivolata nel gorgo del tempo
così di te: appesa
all'attimo
dietro l'occhio un'ombra stampata
.
La vita immaginata
(2019 – 2023)
Con 14 <<profili>> della cultura
di Felice Serino
Youcanprint
Poesie e saggistica
Pagg. 417
ISBN 979-12-21481-26-6
Prezzo Euro 26,90
Un´opera corposa, ma varia
Ben 417 pagine che, anche considerando la settantina destinata ai profili di noti artisti, comprovano l´ingente produzione poetica di Felice Serino nell´ultimo periodo, cioè dal 2019 fino quasi a oggi. E questa copiosità nel creare versi è una delle altre caratteristiche di questo autore che sono più ampiamente tratteggiate nella mia presentazione dell´opera costituita da tre sillogi (Dell´indicibile, Trasparenze e La vita immaginata, donde il nome del libro). Voler parlare in modo esauriente di tutte le poesie si presenta impossibile, sia in termini di tempo che di spazio. Di conseguenza ho dovuto impostare il commento critico in modo che risultasse sintetico, ma nonostante ciò gli estimatori di Serino non potranno che trovare conferme. Che la sua poetica sia una continua analisi introspettiva è fuor di dubbio, tematica che solo in apparenza è limitativa, poiché la ricerca continua del nostro "io" è in grado di svelare nuovi risvolti con il trascorrere del tempo e anche con l´acquisizione dell´esperienza; pertanto non vi è nulla di ripetuto, eventualmente c´è qualcosa di già noto nelle linee generali, fermo restano quella sua capacità di permeare i versi di un alone di magia, con quell´evanescenza che li rende gradevoli, ma non banali. In narrativa potrebbe far venire in mente il realismo magico di Giuseppe Bonaviri o di Gabriel García Márquez, anche se non è proprio così, ma sostanzialmente il richiamo non è azzardato. Il suo è un particolare modo di esporre che penso di aver spiegato con scrupolo nella presentazione e che riporto di seguito:"Il poeta, di origini napoletane, ma dimorante a Torino, è un artista di lungo corso che via via negli anni ha affinato il proprio modo di verseggiare, e ciò è facilmente riscontrabile leggendo le sue composizioni in ordine temporale, fermo restando quella ricerca introspettiva che è materia propria dell´autore uso ad approfondire con progressività. Nel contesto di ricerca di ciò che può rivelare il proprio Io si nota particolarmente, apprezzando, una visione evanescente che dona particolare fascino, ammantando il verbo di magia, all´intero corpo. I versi tendono a volare, a superare confini naturali per congiungersi a un mondo di fantasia, la cui porta, lo stargate, è in attesa di essere valicata. In questo universo che si potrebbe definire poetico Serino s´invola, novello Ulisse verso un´Itaca che è la propria dimensione interiore, un´avventura senza fine in cui conta di più la conoscenza che si incontra nel percorso che il raggiungimento della meta. E tutto procede in una sorta di limbo, un sogno che porta ad altra dimensione, e in cui con maggior chiarezza è possibile leggere dentro di sé, in una visione che continua a essere evanescente, una sorte di ectoplasma che avvince e respinge. Si resta attoniti, anche sgomenti spettatori di una metamorfosi, di una trasformazione che è un´implosione della persona stessa, e, comunque, il tutto si riassume, si comprende con chiarezza.". In ogni caso resta una personalità artistica peculiare, tanto che è difficile, se non impossibile, ipotizzare a quale corrente si ispiri. Un esempio che chiarisca il tutto è costituito da una poesia tratta dalla silloge La vita immaginata. Mi riferisco a Proiezioni (proiezioni del Suo pensiero siamo / vaganti tra realtà e sogno – in cerca / d'un'isola felice – viaggio / nell'infinito di noi / isole noi stessi – pure / ognuno anello d'una / catena senza inizio e fine). Ovviamente non è l´unica poesia, perché ve ne sono altre che possono ben illustrare il concetto esposto, ma per me questa costituisce forse l´esempio più lampante. Una novità poi è costituita da questi profili che, così come scrive Serino, hanno un filo spirituale che li lega ed è dato dall´amore nel campo della cultura e dell´arte. Non sono pochi, sono quattordici, un po´ biografia, un po´ analisi critica, e sono relativi a personaggi ben conosciuti (Dino Campana, Dylan Thomas, Vincenzo Cardarelli, Simone Weil, Nella Falzolgher detta Nil, Salvador Dalì, Maurice Maeterlinck, Kahlil Gibran, Arthur Rimbaud, Pier Giorgio Frassati, Rudolf Steiner, Jakob Lorber, Joe Bosquet, Teresio Zaninetti). Come è possibile notare non tutti sono poeti, anche se presentano caratteristiche di artisti o che comunque li ricollega all´arte; si tratta di analisi necessariamente brevi, ma non trascurabili, nel senso che Serino, che evidentemente ha ritenuto di particolare importanza questi artisti, ha fatto di tutto per presentarceli in modo accattivante, così che il lettore possa comprendere il rilievo che gli stessi hanno. Penso ci sia riuscito, resta solo da chiedersi il perché di tale lavoro che, tuttavia, è evidentemente il frutto di una passione fino a ora segreta, di cui ha voluto rendere edotti i terzi.
In questo libro c´è veramente tanto, ma è vario e proprio per questo si legge con piacere, certi che, fra le tante proposte, non sarà impossibile trovare quella che può soddisfare maggiormente.
Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino.
Copiosa la sua produzione letteraria (tra le raccolte di poesia: "La vita nascosta", "Vita trasversale e altri versi", "La vita immaginata"); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E´ stato tradotto in nove lingue.
Intensa anche la sua attività redazionale.
Sue pubblicazioni sono presenti in Academia.edu e in Alessandria today.
Per notizie dettagliate, qui: https://www.literary.it/ali/dati/autori/serino_felice.html
Renzo Montagnoli
https://www.ibs.it/vita-immaginata-libro-felice-serino/e/9791221481266?queryId=4150b6512821f3131656445855f41d1d
https://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=24910https://www.lafeltrinelli.it/vita-immaginata-libro-felice-serino/e/9791221481266
https://www.amazon.it/review/R1TVVTN1ED0EPY/ref=pe_1640261_66412381_cm_rv_eml_rv0_rvhttps://kultunderground.org/art/41739/
https://www.poetare.it/recensioni.html
https://www.libreriauniversitaria.it/vita-immaginata-serino-felice-youcanprint/libro/9791221481266
https://www.mondadoristore.it/La-vita-immaginata-Felice-Serino/eai979122148126
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Una mia nota di lettura alla silloge di Felice Serino "Orizzonti di palpiti"
Poeta presente ma appartato, silenzioso, distinto, Felice Serino raccoglie in questo suo ultimo lavoro "Orizzonti di palpiti" (www.poesieinversi.it 2018/19), gli ultimi testi prodotti in ordine di tempo nei quali appare sempre riconoscibile la traccia dei suoi precedenti lavori; giocati con medesima grazia e perizia nel vivissimo campionario di illuminazioni profonde e pulsanti; nel variare consueto di tensioni ontologiche, nel dilemma inconcluso della soglia e del fine, nell'arte di incidere amore e dolore, delusione, speranza, perdono, col solo taglio di un lemma, con la sola scintilla della lingua, Serino descrive, o finge di descrivere, un'alba visionaria dove una luce quieta ti accoglie in un suo grembo sorgivo.
Ancora una volta vediamo il poeta salire da quella stessa luce che lo genera e da un interno ne sentiamo la voce, quell'espansa poesia degli interrogativi e dei silenzi che rendono possibili
gli approdi, li toccano appena in punta di vertigine, ne liberano il suono e il senso.
Più che una poesia del vedere mi pare di riconoscere dunque una poesia del sentire; un avvertire a distanze altissime il più piccolo rumore di fondo dell'universo mondo, e in quel rumore toccare il nudo stupore di un'origine.
C'è sempre in Serino l'inclinazione al racconto mondano ma esso è reso filosoficamente aereo, plana cioè sui campi lirici di un sogno che è possibile sentire o immaginare come attraverso una musica,
un ultratempo, un ultramondo, e come attraverso un gioco di associazioni melodiche produce impulsi invisibili che finiscono per catturare nella figura di un uomo il senso più autentico della sua intera esistenza.
Il Poeta che vediamo è la sua stessa poesia, il luogo concreto dell'anima; quel camminare sempre in bilico tra la vita e la morte, sempre col piede nel mistero, come se i versi fossero tradotti paesi immaginari, passi prodotti dall'incontro della luce e del buio, estensioni miracolose, meravigliose, dell'unica grande incognita che ci spinge alla vita e all'arte. Così procede, in Serino, la gioia del verso, ovvero la tensione nella quale spinge il lettore a comprendere, in senso etimologico, gli affanni e le paure, gli inganni e le afflizioni, ogni minima pulsione, ogni minimo palpito di verità.
Giovanni Perri
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Per stupirti
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in extrema ratio
ti aggrappi a curve di sguardi
per poterti ancora stupire
conoscenza è dall'alba dell'uomo
il primo anelito
in un cielo di silenzi
il tuo richiamo si spezza
Nell'ultimo sangue
ora nell'ultimo sangue
è il vuoto delle braccia
ma sai non è difficile
far rivivere
la tua figura dall'ali recise:
un po' mi consola
la visione
di te languida riversa
sull'amaca
mentre gli uccelli ti cantano
sulla testa
https://issuu.com/felice.serino/docs/nota_perri-orizzonti_di_palpiti…
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Felice Serino, Nell'infinito di noi (2015-2016) letto da Angela Greco
Nell'infinito di noi (2015-2016) la nuova raccolta di Felice Serino pubblicata su Poesie in Versi, uno spazio web ad accesso libero, con presentazione di Giovanni Perri, che raccoglie le poesie scritte a cavallo degli ultimi due anni e suddivise in due sezioni da quarantacinque testi ciascuna: Lo sguardo velato e la omonima Nell'infinito di noi.
Da sottolineare la generosità di Felice Serino, autore piiù volte e con gioia ospitato su Il sasso nello stagno di AnGre per stima reciproca; generosità espressa non solo nel numero di testi proposto, ma anche nell'aver affidato questo suo nuovo lavoro alla gratuità della rete, a beneficio di tutti coloro avranno voglia di incontrarlo sul sito sopra indicato. Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici, che ha vinto molti premi letterari, pubblicato diverse raccolte di poesia ed è stato tradotto in otto lingue;
gestisce diverse realtà letterarie on-line, dove condivide con passione poesie e autori di livello e da tempo usa il mezzo telematico per affrontare il mondo non sempre docile e benevolo della poesia, senza scomporsi o intimorirsi, ma accettando il bene e il male ed anche i limiti che il mezzo offre e a sua volta offrendo a ciascun lettore o detrattore che approdi ai suoi lidi, un ringraziamento.
La poesia di Felice Serino anche nella nuova raccolta mantiene saldi i temi del rapporto con Dio, del tempo che passa, della visione del reale sulla base dell'esperienza vissuta e degli autori cari al poeta, come ad esempio Dino Campana, a cui è dedicata "Le vele" o Rafael Alberti a cui, invece, è dedicata "Angeli di carta", creature, gli angeli, che ben si accordano con la voce di Serino sempre protesa verso il cielo e verso Dio. Perché un poeta di fatto è le sue letture ed è i suoi autori, quelli che, anche dopo la stesura di un testo e l'abbandono della penna o della tastiera, gli rimangono accanto e dentro per diventare a loro volta nuova materia, in un circolo vitale a cui Felice Serino non si sottrae. E ogni volta che leggo una selezione delle poesie di Felice, i suoi versi asciutti e brevi, domati dall'esperienza e solo in apparenza freddati per quella decantazione benefica a cui la poesia va drasticamente sottoposta, ritrovo sempre un colore, una luce, una scia positiva e benefica, capace di restituire serenità e fiducia.
Nell'infinito di noi si pone nel solco della poesia novecentesca, come tanta buona poesia italiana, assumendo toni e connotazioni care alla maggior parte dei lettori; mittente e destinatario dei versi sono evidenti e lo accompagna ogni composizione, rientrando tra gli elementi non eliminabili e delineando una presenza, che, però non disturba, ma si fa compagna di esperienza pronta a porgere la mano a chi è accanto; molti i rimandi ai testi sacri, alla dottrina cattolica e alla mistica occidentale; netta la percezione della ricerca data anche dal numero abbondante di testi raccolti, mentre la dimensione onirica, evidente in molti testi, conferisce levità agli argomenti tra i quali non sfigura nemmeno il tema della morte.
(Angela Greco)
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poesie tratte da Nell'infinito di noi (2015-2016) di Felice Serino
Una giornata di
.
suvvia eccedi
a chi pensi
dare la colpa
come si dice è stata una giornata
così
.
esageri se pare
ti si spalanchi
d'instabilità un baratro
viola in fondo agli occhi
.
L'oltraggio
.
perso nelle forme strane
delle nuvole mi sento
lontano da un mondo estraneo
.
assisto all'oltraggio
della rosa che si
perpetua
.
sono esposto alla vita
.
.
Spleen
.
brusio di voci
.
galleggiare di volti
su indefiniti fiati
.
si sta come
staccati
da sé
.
golfi di mestizia
mappe segnate
dietro gli occhi
.
vi si piega
il cuore
nella sanguigna luce
.
.
.
Il Tuo splendere
.
su un remoto
di assonnate rive
-spiumata
di luce l'anima-
torna
.
a far breccia il Tuo splendere
.
settanta volte sette
ho conficcato i chiodi
altrettante non
basteranno
lacrime da versare
.
sulle Tue luminose piaghe
.https://www.literary.it/dati/literary/g/greco_angela/nellinfinito_di_noi_201516.html
.
Nota di Giovanni Perri a "Vita trasversale" di Felice Serino
Col tratto suo solito, con la materia nuda dei versi alti e alati, Serino ci incanta di nuovo. E lo fa con un volume, il suo ultimo, corposo, "Vita trasversale", che è un ben calibrato campionario di temi e motivi caratterizzanti la sua intera produzione poetica; ricca e profonda, tenuta in un suo prezioso tenore lessicale di figure svelate in altezza o come prelevate da un occhio ulteriore e quasi sempre girata nell'inconoscibile. Poesia che ci trattiene in un sollievo, oppure in una morsa, di grandi domande e di incognite. Agevole nell'andatura e nel respiro dei versi concepiti come in una stanza piena di sole, ma dalla cui finestra filtra un paesaggio piovoso, pieno di suoni incantevoli e sinistri: analitica, ma detta in stato quasi d'abbandono. Motivi di vita e di morte messi nel medesimo grandangolo, restituiti al loro più sensibile grado del sentire, in quel confine di corpi corrotti dalla loro stessa immagine; che allunga gli abissi mondani potandoli alla visionarietà più lirica, alla più ampia cosmogonia; ma è materia che vibra di una intimità pura, cogente, covata in un suo lembo etico, in una sua calma affezione di gesti e parole dettate da Amore. Parole levigate e vive, messe in versi come a mani giunte, piene di abbagli tuttavia improvvisi e rivelatori.
C'è un mondo di forme dette al limite dell'ombra, un buio di acque sconosciute da sentirne il suono lontano. Serino nuota come se volasse campi e fiumi e con lui stelle a far luce di parole, sotto un silenzio grave di vita. Ed è come trovarsi innamorati inaspettatamente, aver fiutato il senso in bilico e tirarselo con una corda, ad ogni strappo un grido d'amore, una preghiera di livida sopravvivenza, ad ogni affanno un seme di luce da salire in dolcezza, rimanendo con la voce nell'acqua.
E questa è acqua filosofica, tenuta in un suo denso nucleo lirico, in una sua mistica malinconia.
Ecco: qui stanno gli affetti, i ricordi, ogni piccola gioia terrena; qui è il teatro del mondo, il gioco che si gioca per fame e per sete: qui è l'ora dei ricami nel fuoco, di vecchie controversie e comunioni, di silenzi tenuti in una sacca di odio o di amore. Ma dopo, oltre, è l'aria dorata che viene per svelare il sogno, l'arcano che ci muove le ali, la forma tutta del cielo esplosa in una piccola divinazione.
Un pianto, par d'udire, di muta intelligenza: pensiero della morte sorella, felicità o speranza di pioggia rigeneratrice. Pensiero della vita che si espande ben oltre i suoi torbi furori: terragni infine, ma ubiqui, appunto: trasversali, pieni di un sole leggero.
Quanta preghiera nei testi di Serino. Quanta alta Poesia.
Giovanni Perri
Piccola scelta di testi
*
Sic transit
confidare
nelle cose che passano
è appendere la vita
al chiodo che non regge
è diminuirsi la vera ricchezza
-arrivare all'essenza
lo scheletro la trasparenza
*
Espansione
il sogno è proiezione? o
sei tu in veste onirica
uscito dal corpo?
sognare è un po'
essere già morti
come
nell'oltrevita
e l'essere si espande
si sogna moltiplicato
in fiore atomo stella
appendice? o
espansione è il sogno?
*
Vive una luce
vive nell'akasha una luce che
custodisce quel mosaico che dici
destino
tu sei l'ombra
del Sé: l'alterego o se vuoi
l'angelo che
ti vive a lato nei
paradossi della vita
*
Forse una nube
(a Pierluigi Cappello)
mi accoglierà un non-luogo
non più inalerò resina di abeti
alle finestre degli occhi colombe
bianche si poseranno
mi abbraccerà vaghezza
forse una nube vorrà dire casa
*
Eterno presente
kronos esce dal mare
prenatale
il domani è un imbuto
dove fluiscono gli oggi
coi sordi tamburi del sangue
dove in fondo
agli specchi annegherà la
realtà
relativa: lì il mondo che
si vede
rovesciato
*
Sull'acqua
sul grande mare del sogno
veleggiano i miei morti
gli occhi forti di luce
con un cenno m'invitano
al loro banchetto sull'acqua
d'argento striata
m'accorgo di non avere
l'abito adatto
cambiarmi rivoltarmi
devo
vestire l'altro da sé
Giovanni Perri
Recensione di Donatella Pezzino a "Vita trasversale" di Felice Serino
In un mondo sempre più corporeo e materiale, viene spontaneo chiedersi se ci sia ancora posto per l'anima. Poi si legge la poesia di Felice Serino e allora tutta la prospettiva cambia. D'un tratto, il velo dell'apparenza si squarcia ed ecco la verità nuda, il significato ultimo dell'esistenza umana: l'evidenza che potrebbe, se solo lo volessimo, costituire l'abbrivio verso una vita piena, consapevole e scevra da paure.
In "Vita trasversale" l'anima è più che mai al centro, e la poesia diventa in toto ancella del pensiero. La silloge, infatti, raccoglie gli ultimi scritti (2017-2019) nei quali il pensiero e la spiritualità dell'autore campano emergono con più forza rispetto alla produzione precedente. Ed è una forza talmente dirompente da lasciare in chi legge un segno profondo: la poesia breve, il verso ridotto all'osso eppure pregno, vivo come non
mai di immagini e sensazioni, dicono che l'uomo, prima ancora che il poeta, ha trovato ciò che cercava da tutta una vita: è arrivato all'essenza delle cose. Quasi sorride sornione Serino, tra i versi, evocando ricordi e illusioni di tante vite precedenti, del sé stesso del passato angosciosamente fermo dinanzi al muro delle convenzioni che adesso si è finalmente sgretolato.
E cosa c'è al di là del muro? Semplice: l'Oltre. E quindi, il Tutto. Pur senza essersi ancora, nei fatti, spogliato del suo corpo di carne, Serino si è distaccato dal mondo e dalle sue pastoie e può quindi aprire gli occhi su ciò che ci aspetta "dopo". Non la fine, la morte, l'annientamento: oltre c'è un altro piano di esistenza, anzi, infiniti piani di esistenza da dove non solo i nostri morti, ma anche i tanti noi stessi speculari ci guardano. La nostra anima è un dispiegarsi in infiniti alter ego e in infinite potenzialità: tutto quello che i nostri limiti fisici e le costrizioni imposte dalla società ci impediscono può essere realizzato altrove, anche quello che abbiamo cominciato qui e che non siamo riusciti a portare a termine.
ora
danzi il flamenco che amavi
col tuo corpo d'aria
e da un altrove "detti" poesie
quelle
che non hai avuto il tempo di scrivere
Ma questo oltre non è trascendenza, è trasversalità: nel corso della nostra esistenza terrena, quindi, possiamo scorgerlo in trasparenza dagli innumerevoli segni inspiegabili in cui ogni giorno ci imbattiamo, nella bellezza della natura che ci fa "sentire" la nostra realtà di esseri spirituali, e soprattutto, attraverso il sogno. La dimensione onirica è sicuramente uno degli aspetti più interessanti della poesia seriniana, data la valenza assolutamente peculiare che le viene attribuita. Il sogno, infatti, è il trait d'union fra i diversi piani di esistenza: un bivio nel quale tutte le strade dell'oltre convergono, la via che rende possibile la comunicazione con l'invisibile permettendoci di evadere per un attimo dal nostro "esilio di carne".
Ogni notte, quindi, il sonno ci scioglie dai ceppi del sangue per lasciarci fluttuare in quel Tutto al quale non smettiamo mai di appartenere, anche quando la vita di ogni giorno ci restituisce alla nostra condizione di peccato e di polvere: quel Tutto che è Dio e che è amore, assoluto e incondizionato. La consolazione alla nostra pochezza, quindi, è questo sconfinato amore di Dio per noi, e la certezza che, benchè peccato e polvere, torneremo a Lui; che tutto è in tutto e tutto è Dio; che la vita nasce dalla morte e si rinnova da sé stessa. Così, l'anima è un continuo partorirsi e ritornare al Tutto: è grazie a questa consapevolezza che possiamo vincere la nostra atavica paura della morte. Perché, infatti, dovremmo temere quel "punto di non ritorno" che invece di distruggerci ci restituisce alla nostra vera vita?
fioriti
nelle braccia di Dio
come nella prima luce
La luce, altro punto nodale del nostro poeta-pensiero: una luminosità che fa quasi male agli occhi, tanto è intensa e inestinguibile. La poesia di Serino è tutto un immergersi in questa Luce dove l'umano e il divino sono allo stesso tempo sorgente, fiume, cascata, foce, in una continua simbiosi dove si può conservare la propria unicità solo annullandosi. Ed ecco, quindi, affiorare un nuovo concetto capace di rispondere a tutti i nostri interrogativi, soprattutto di fronte alla sofferenza, all'errore, all'inadeguatezza: questa vita sulla terra ha senso solo se trascendiamo la nostra animalità per trasformare il nostro sangue in ali. L'angelo e l'uomo, due facce della stessa medaglia che la carnalità rende opposte, nemiche:
convivere con gli umori
di un corpo di morte
dall'animalità all'angelo: questa
l'impervia salita
più d'una vita se dal sangue
fioritura sia d'ali levate:
ogni passo ne perdi una piuma
e ancora:
le mani affondi
nel sangue delle convenzioni
mentre
all'angelo lucente del sogno
tarpi le ali
facendolo all'alba svanire
Basta immergersi nel proprio spirito per annullare qualsiasi distanza fra noi stessi e l'angelo che siamo. Allo stesso modo, il distacco dalla realtà che ci circonda ci aiuta a prendere coscienza della verità che sempre ci sfugge: che vita e morte sono una cosa sola; che non c'è una fine, e che ogni morte non è che un nuovo inizio. Se a ciò fossimo sempre presenti, affronteremmo con serenità, quando non addirittura con gioia, il passo estremo che ci attende, e che altri hanno compiuto prima di noi:
rinfranca il pensiero d'essere
immortale -e già dalla ferita della
creazione lo sei-
la morte ti cerca?
uscito dal guscio tu sarai altro
l'anima libera sarà dai lacci
lo spazio mentale onde di luce e amore
niente d' imprevisto se la morte
non ti sorprenda più della vita
Avanzare negli anni, a questo punto, non è invecchiare, ma pervenire a nuova giovinezza; avvicinarsi sempre più alla verità mentre ci si allontana dalle meschinità del mondo. Eppure, come ogni altra creatura di carne e sangue, il Serino-uomo non può fare a meno di chiedersi: mi ricorderanno un giorno? Come sarà il momento del trapasso? Domande alle quali lo speculare Serino-pensiero risponde con l'ironia di chi ha già oltrepassato quella soglia e non può più essere scalfito. Il Serino che ricorda persone ed episodi del suo passato con tenerezza, con gioia struggente, filtrando ogni fotogramma alla luce dell'anima e conservando solo quelli in cui sia visibile il riflesso di Dio.
Così, il poeta rivolge lo sguardo solo alle strade che portano verso casa: l'amore, la bontà, la bellezza in grado di elevare, il donarsi che rende capaci di fare la differenza. Nonostante sia in continua introspezione, Serino non è mai chiuso in sé stesso. E in tutto ciò la parola lo aiuta, lo innalza, oltre le barriere che ovunque, su questa terra, ci opprimono e ci ostacolano. La parola acquista una valenza liberatoria grazie alle sue inesauribili possibilità di creazione: in questo sta il senso dello scrivere. Alla domanda: perché scrivi? Si potrebbe quindi rispondere: perché la parola è luce, e io detesto il buio. Perché la parola è casa. E' il respiro dell'anima, è la vita stessa. E l'assenza di ispirazione, di conseguenza, è un sentirsi disabitato/simile a quell'albero nudo/da cui son fuggiti i canti/vivere/di stelle spente.
Donatella Pezzino
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In un remoto altrove di Felice Serino letto da Angela Greco
27 MAGGIO 2020 ~ ANGELA GRECO – ANGRE
Felice Serino, In un remoto altrove – poesie, 2018 presentazione di Donatella Pezzino, autoproduzione da richiedere gratuitamente all'autore (tramite il profilo social), oppure – da aprile 2020 – scaricabile dalla piattaforma ISSUU, è la nuova raccolta di questo poeta campano (Pozzuoli, 1941) residente a Torino.
Immediatamente risulta particolarmente degno di nota il fatto di aver messo a disposizione dei lettori la propria opera senza remunerazione; indice di una certa idea di poesia che trova compimento nello scrivere per donare all'altro il proprio sentire, il proprio vissuto e il proprio vedere. Poesia come dono, quindi; concetto che altre volte ho attribuito a Felice Serino, anche legandolo alla sua prolificità.
I testi presentanti nella silloge In un remoto altrove fanno riferimento all'anno 2018 e hanno la delicata bellezza – mi si conceda la metafora – di un cielo trapunto di stelle, ognuna con la sua luce particolare e tutte insieme pronte a rischiarare notti tutte uguali per buio, silenzio e solitudini. Vengono confermati i temi propri di questo autore, il rapporto con il sacro, la trascendenza, la passione artistica e l'attenzione verso gli accadimenti dell'esistenza, sottolineando un percorso autodidatta che nel tempo ha condotto Felice Serino, senza dubbio, ad un certo livello e ad un valore confermato dai lettori, che in questi versi ritrovano attenzione e dettagli degni di nota. Tra queste pagine si avverte nitido e si legge con ricchezza di linguaggio l'amore del poeta per la sua materia, la Poesia, alla quale vengono dedicati versi colmi di rispetto e speranza, ma anche di meraviglia, come se tutto il tempo già trascorso a scrivere fosse un tempo mai passato, ma ancora nuovo e tutto ancora da vivere; un tempo, quello della poesia, che rende vivo e appassionato il poeta, che felicemente ne trasmette al lettore.
Una presenza che si lascia osservare da vicino, e che mi piace evidenziare in questa sede, in un remoto altrove, dove per remoto si intendere non già un luogo lontanissimo nel tempo, quanto piuttosto un punto lontano dall'occhio per il quale, però, è ancora possibile la visione distinta, è quella dell'angelo, presente in un nucleo centrale di componimenti, i cui versi spesso definiscono anche la poesia stessa e finanche il pensiero dell'autore: è ubiquità ed ali l'angelo / o essere-pensiero; asimmetriche tracce / lascia la poesia ch' esprime / l'angelo-farfalla; poesia / è dove l'angelo perde una piuma; nella camera della mente / non è detto non t'appaia l'angelo / dell' affresco / che ti rapì quand' eri bambino; memoria di volo / dell' antenascita – quando l' angelo / benigno si piegò / nel vestire la carne. Un messaggero reale, l'angelo di Felice Serino, che avvicina l'Uomo alla parte meno tangibile, alla sfera celeste, all'oltre-umano, che appare nelle poesie, al posto della divinità e in nome del sacro, completando quel dualismo carne-spirito molto forte nel pensiero dell'autore, nella speranza di avvicinarsi sempre un po' di più al secondo, attraverso la riflessione e l'esperienza del primo.
Le altre poesie di questa silloge levano liriche a svariati argomenti, momenti che hanno suggestionato l'autore e attimi che hanno mosso penna e sentimento e che si configurano come luoghi di riflessione per il lettore, che mai esce deluso dalle pagine di Felice Serino (in chiusura si riporta una breve selezione di testi), il quale, con maestria, conclude questo nuovo lavoro con una poesia intitolata "Alba", che già di per sé è un programma ed un invito alla prossima pubblicazione. [Angela Greco]
*
Alba
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nella luce che sale
generosa sei
come musa che l'abbrivio dà
col primo verso
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-aria
di vetro – parola sospesa
.
come andare in mare aperto
.
sogno o stato di grazia
.
.
.
Quella che appare
.
quella che
appare – che luccica o getta
ombre – non è la realtà
che credi
.
se ci pensi: perfino
quest'essere-soma non è
reale ma in divenire – carne
e proiezione del cielo
.
reale è ciò che non
vedi – e che ti fa dire
Amore
.
quando ti genufletti nella luce
.
.
.
Tu madre del mio silenzio
.
tu madre del mio silenzio
tu cattedrale del sangue
indiato
.
-poesia- apri lunghe sospensioni
e varchi
e archi di luce ricrei
tra ciglia d'amanti
.
tu fai spuntare fiori tra le pietre
preservi un raggio di sole
.
per gli occhi persi
del povero cristo
nei giorni anodini
.
.
.
Ai margini del foglio bianco
.
occupi il bianco ai margini
dove apporre note
varianti
.
restano obliqui segni
come di ferite
su aborti di pensieri
.
è il vasto mare del possibile
.
vi si estenua
nelle sue immersioni il sub
per una parola-perla
.
https://ilsassonellostagno.wordpress.com/?s=In+un+remoto+altrove+di+Felice+Serino
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Felice Serino – "Palpiti di cielo" – e-book – https://www.poesieinversi.it 2015
Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia. Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano poeti anche prestigiosi. "Palpiti di cielo", il libro che prendiamo in considerazione in questa sede, è connotato da un linguaggio pervaso da un forte misticismo nello sperdersi e indifferenziarsi dell'io poetante in spazi cosmici, interspazi, galassie o anche in squarci naturalistici. La scrittura è composta e composita, elegante e armonica e quasi tutte le composizioni sono suddivise in strofe. Spesso c'è un tu, al quale il poeta si rivolge, del quale ogni riferimento resta taciuto. La raccolta è costituita da due sezioni, quella eponime e quella intitolata "La composizione della luce". La prima composizione, "L'indefinito", che nel suo nome riecheggia vagamente "L'infinito" leopardiano, ha un tono programmatico, in quanto, in essa il poeta riflette nell'incipit sulla stesso poiein, sulla poesia medesima e sulla ricerca dell'ispirazione, cosa che avviene anche in altre composizioni: "E' nello spazio delle attese/ nel bianco del foglio". I suddetti versi spiegano e descrivono efficacemente il caos calmo dal quale emergono i testi poetici dopo una misurata pausa, quasi un raccoglimento preliminare del poeta stesso. Ottima la tenuta dei versi lunghi che Serino sa ben controllare. Ogni componimento fluisce in lunga ed ininterrotta sequenza e tutte le poesie iniziano con la lettera minuscola, elemento che produce sospensione e fascino, creando il senso di un'arcana provenienza, di un ipersegno possibile e affascinante. Temi fondamentali sono quelli della vita e della morte, il cui timore è superato tramite la raffigurazione di paesaggi iridati come quello dove il verde grida in folti ciuffi e gli alberi si cambiano d'abito.
Nell'ambito del tema della poesia che riflette sulla poesia stessa, anche il libro di poesia fresco di stampa può divenire oggetto di riflessione, per il vertice di emozioni che il poeta prova avendolo tra le mani. Non mancano composizioni di stampo religioso, che si rifanno ai testi evangelici. Tutte le poesie sono dense concentrate e ben risolte. E' spesso presente anche la vena di fisicità mistica, quando vengono detti abbracci senza mani e corpi immateriali. Una natura intrisa di mistero e stupore s'insinua nelle pagine che sembrano sottese ad un segreto antico. Poetica che ha il pregio di essere complessa e chiara nello stesso tempo, nel suo strutturarsi. Un tema trattato con suggestione è quello dei figli partiti per un eldorado e ai quali si fa l'invito di reinventarsi una vita nella fugacitàdel tempo. Poetica che di libro in libro brilla per originalità e compiutezza quella di Felice.
Raffaele Piazza
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Nell'infinito di noi – 2015–2016
https://www.poesieinversi.it
Felice Serino, nato a Pozzuoli e residente a Torino, autodidatta, è' un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia.
Gestisce svariati siti su Internet di ottimo livello e qualità, che ospitano poeti anche prestigiosi. E' stato tradotto in otto lingue.
In Nell'infinito di noi, che presenta una presentazione di Giovanni Perri ricca di acribia, Serino continua ad elaborare la sua personalissima e originale ricerca letteraria.
La raccolta è suddivisa in due sezioni, entrambe costituite da quarantacinque componimenti, Lo sguardo velato e quella eponima.
Se la poesia è in se stessa sempre metafisica, si deve mettere in evidenza che, di raccolta in raccolta, Felice riesce a produrre componimenti collegati tra loro che, oltre ad essere metafisici, sono connotati sempre da un forte alone, o ancora meglio, da un'aurea di sorprendente misticismo postmoderno.
Il suddetto si può evincere, sia in testi che hanno come oggetto o tematica figure tratte dall'immaginario religioso, come il Cristo o gli angeli, sia quando il poeta proietta la sua vena trascendente in situazioni del tutto quotidiane, nelle quali l'io – poetante e le varie figure protagoniste, dette con urgenza, sono in tensione appunto verso l'infinito (e qui giocano un ruolo importante le tematiche della nascita e della morte).
Un accentuato senso del sacro caratterizza Nell'infinito di noi. Esso qui trova la sua espressione estrema, rispetto alle raccolte precedenti del Nostro, nelle quali già si notava.
Il poeta sembra suggerirci, con il titolo della raccolta, che noi esseri, come persone, pur vivendo sotto specie umana, per dirla con Mario Luzi, già nel nostro transito terreno siamo infiniti e che le nostre anime sono immortali.
I componimenti sono tutti connotati (e non potrebbe essere altrimenti per quanto già affermato), da sospensione e magia che si realizzano nei versi icastici, veloci e leggeri.
Stabile è la tensione verso il limite nella ricerca dell'attimo in senso heidegeriano, della vita oltre il tempo degli orologi.
Così Serino produce tessuti linguistici pieni di illuminazioni e spegnimenti, nei quali è visibile una luce, che è appunto quella di una realtà soprannaturale, che si proietta tout-court in quella delle nostre vite, restituendoci una notevole carica di senso.
Particolarmente affascinante, nella sezione eponima, la poesia intitolata proprio Nell'infinito di noi, nella quale sono stabili visionarietà, sospensione e dissolvenza.
In questa il tu, al quale il poeta si rivolge, e del quale ogni riferimento resta taciuto, è Nina, una figura che, nell'incipit, volteggia nelle stanze viola della memoria. Qui si evidenzia una forte tensione attraverso una parola sempre raffinata ed avvertita.
Particolarmente alto il verso apparire o entrare nello specchio/ dell'essenza, nella quale è presente una forte valenza ontologica. Nella seconda breve strofa della composizione il tu afferma che qui siamo affratellati nel sangue con la terra e la morte.
Poetica mistica, dunque quella di Serino, la cui cifra essenziale è quella di una parola che scava in profondità per riportare alla luce l'essenza dell'esistere in tutte le sue sfaccettature.
Raffaele Piazza
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Il sospiro del Daimon: "La Vita nascosta" di Felice Serino
Scritto da Sabrina Santamaria.
L'anima poetica decanta i suoi versi con espressioni sublimi e soavi. Alcune allitterazioni e anafore costituiscono una dolce sinfonia che suggerisce al lettore una sensazione di morbidezza. Il poeta Felice Serino è un autore presente nel panorama della letteratura nazionale e internazionale da circa mezzo secolo; l'originalità dei componimenti del nostro poeta è un sospiro ineffabile, in alcuni versi era come se stessi origliando il canto eterno di serafiche espressioni; molte poesie in "La vita nascosta" donano la piacevole sorpresa di rimanere sospesi a mezz'aria e tendono la mano al lettore per varcare le trasognate porte dell'infinito, uno degli scopi di questa raccolta poetica, ricca di significati e contenuti, è quello di estraniare il lettore dal nostro consueto mondo, regime del pratico inerte. Il titolo stesso dell'opera "La vita nascosta" ha molteplici chiavi di lettura; l'uso dell'articolo determinativo conduce all'estasi in cui la figura retorica della personificazione diviene candida essenza vitale, alito e soffio dell'amplesso del vivere; fra l'altro, il poeta fa molto riferimento ai sostantivi singolari per farci comprendere che la verità risiede nell'Assoluto("scrivere la luce inginocchiato nella luce inspirando bellezza ch'emana come da un tempo altro/ pure ami la luce ferita: chiedile delle infinite crocifissioni fattene guanciale in notti di pianto"- "Chiedilo alla luce", pag 31) e non nel mero e sterile relativismo in cui il pensiero di massa si perde nel fagocitante conformismo dunque la Somma realtà trova l'epicentro nella singolarità, nell'Uno: "girovagare tra luminarie e vetrine ti richiamano all'incanto del bambino mentre ti lacera dentro la morte del clochard sotto i portici nel gelo" ("Fine anno", pag 26), .
L'aggrapparsi violentemente a una dimensione eterna è la peculiarità del nostro poeta, colui che soffre prendendo le distanze dalla società odierna che propone o il nichilismo dell'io o l'elevazione dell'uomo a divinità: "ricusi l'abisso capovolto intriso del Suo sangue/ dall'orlo della luce ti distanzi in vaghezza dell'effimero/ vanagloria leva al cielo un pugno d'aria"( "Blasfemia", pag 32); dalla lettura di questa silloge trapela un certo temperamento dell'autore, un uomo da un forte equilibrio interiore che ricerca la pacem in terris con il creato, con il cosmo e con gli esseri umani
La scelta dello stile libero senza rime e schemi metrici nell'opera poetica si addice molto al sentire dell'autore che si eleva a voli "pindarici" però Felice Serino compie una catarsi e una liberazione dai suoi istinti di morte tanto è vero che le sue liriche partono con l'esplorazione degli abissi negli inferi e raccontano delle profondità più oscure infatti le prime poesie puzzano del tanfo fetido di una decomposizione dell'animo, è come se il lettore fosse condotto nell'imbuto infernale dantesco e dai vari strozzati enjambement si odono le grida di Cerbero e la puzza di zolfo tuttavia lo smarrimento del poeta non è reale, ma solo figurato quindi l'esodo è interiore. Il travagliato viaggio si evolve e cammin facendo i latrati si tramutano in canti e inni alla bellezza, sulle prime le odi descrivono con fierezza l'immagine dell'immanente per poi giungere, come in una sorta di dialettica hegeliana, allo Spirito Assoluto, all'Apeiron, all'Archè; si schiude il varco alla visione della scala di Giacobbe, Felice Serino gradino dopo gradino si appresta all'eterea sostanza cosicché all'apice della sua produzione letteraria del nostro portavoce privilegiato le liriche solenni di "La vita nascosta" giungono a un train d'union o a una liaison con l'Eterno che fa breccia al miracolo più grande ossia la Salvezza e la Crocifissione del Cristo e su questi due caposaldi si fonda buona parte della vena poetica di questo scrittore il quale è sempre lesto a caldeggiare infiniti mondi possibili attraverso le sue fervide ispirazioni a volte, anche, strettamente intrecciate a dei sogni o a delle visioni che vengono tenacemente narrate e descritte in taluni casi facendo molto leva sull'astrattismo e su Kandinskij o in altre circostanze si rende omaggio e onore a scrittori che ci hanno accompagnati nelle vicende storiche del secolo scorso come Montale, ispirandosi a "Ossi di seppia", e crea un parallelismo fra l'aridità spirituale e l'immoralità in cui è scaduto l'uomo contemporaneo e la metafora montaliana dell'osso di seppia in cui Eugenio Montale mette in luce l'eventuale cristallizzazione della figura poetica in cui si propina una crisi profonda del letterato. "La vita nascosta" è un tuffo nei meandri dell'infinito e dell'eternità, è un tentativo molto azzeccato di solleticare con la punta della penna il demiurgo platonico oltre, però, il fantomatico mondo delle idee, siamo al confine di una deus ex machina in cui il canto poetico pizzica le aulenti note di un Daimon segreto e misterioso.
Sabrina Santamaria
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Vita trasversale e altri versi (2017-2019) di Felice Serino – nota di Angela Greco
22 DICEMBRE 2019 ~ ANGELA GRECO – ANGRE
Felice Serino (Pozzuoli, 1941), in questa prima metà del 2019, offre ai lettori una nuova raccolta di versi – Vita trasversale e altri versi (2017-2019) – densa, corposa e sempre degna d'attenzione, nella quale mette nero su bianco, oltre ai suoi distintivi temi, anche la grande voglia di comunicazione e condivisione, che da sempre caratterizza la sua poesia, fruibile on line in un susseguirsi di confronti in siti e riviste, luoghi telematici e persone, utili senza ombra di dubbio alla crescita dell'autore, unitamente al suo interesse fine e svariato per la lettura. Di quest'ultima opera è interessante segnalare l'apparato di note critiche e recensioni (riferito alle più recenti pubblicazioni) che chiude il testo: una raccolta di autori, che hanno letto e condiviso
la poesia di Felice Serino, che hanno seguito i suoi passi, fino all'attualità, momento ancora in divenire, testimonianza della continua ed efficace formazione dell'autore. Ecco, la lettura dei versi di questa Vita trasversale dovrebbe iniziare da qui, dalla consapevolezza di essere in cammino, in transizione tra due mete e con la voglia sempre viva di procedere, di essere un ponte gettato tra un ricordo e un sogno, tra l'accaduto e la speranza, tra il vissuto e l'augurio per il domani.
Il libro è articolato in tre parti (Vita trasversale, Trasparenze, In un remoto altrove) che raccolgono 'percorsi' utili ad orientarsi tra le oltre cento poesie raccolte negli ultimi anni di scrittura. Una lettura impegnativa dal punto di vista fisico, ma scorrevole e interessante all'atto pratico, che conferma Felice Serino autore prolifico e disponibile a mettersi in gioco, al grande tavolo della poesia contemporanea, ad incontrare il punto di vista altrui sui suoi componimenti asciutti, concisi, dal verso breve, in assenza di punteggiatura e punto finale, confermandosi, inoltre, fonte sempre viva di input supportato in quest'ultimo lavoro dall'efficace presentazione di Donatella Pezzino, che pone l'accento – che condivido, come in altri scritti già detto – su quel che è il cardine della poetica di Serino, scrivendo: "Qualsiasi cosa saremo, siamo stati amore, ed è questo ciò che potrebbe sopravviverci. L'amore, eterno e ubiquo, ha una forza pari soltanto a quella della fede." Dunque, poesia che vince il tempo mortale, come l'amore vince tutto e, facendo eco alle parole di Virgilio, a noi non rimane che arrenderci all'amore e alla poesia, mi permetto di aggiungere, riportando in compendio alcuni versi: una farfalla è una farfalla ma / tutto un mondo nella sua essenza // la natura / riflesso del cielo è preghiera / ogni respiro ogni sangue / vòlto verso l'alto è lode // l'anima nel suo profondo / in segreto s'inginocchia e piange ("Tutto è preghiera") e, anche: Infinite vite infinite vite possibili / ha forse l'anima quel che è detto da taluno / l'essere moltiplicato // mai si chiude il cerchio? // è come traversare innumerevoli / porte nei meandri dei sogni / o abbandonarsi a visioni / di déjà vu // non si chiuderà il cerchio se / come si sa / è del Demiurgo un continuo creare / infiniti / mondi-entità col solo sognarsi ("Infinite vite"), che ben evidenziano il senso finale della poesia di Felice Serino, unitamente ad un senso di pluralità al quale è difficile sottrarsi.
Le poesie della prima parte, Vita trasversale, sono un inno allo spirito, alla preghiera e alla Luce, in cui si incrociano e sovrappongono dediche a questioni religiose e a persone scomparse, confermando la forte fede dell'autore, nutrita di rimandi filosofici, occidentali e orientali, supportata dalla costante presenza di entità extra corporee, angeli e sogni, in forza alla poesia stessa, che racchiude anche una bella sezione dedicata alla Musa, da cui deriva la Poesia stessa, in cui Serino ci lascia intuire il suo concetto di poeta e poesia.
Trasparenze, conferma i temi della prima parte, con versi più concreti, ma sempre qualche passo più in alto del suolo calpestabile, adornati di ricordi ed esperienze, in una deriva verso i tempi moderni: anneghi / nell'effimero d'una vita marginale // tenti nell'indaco prove di volo / -fino a che dura il sogno // da quale parte è la verità ti chiedi / nei momenti lucidi ("Prove di volo"); oppure: combatti contro i mulini / a vento delle ipotesi / ti vedi quel filo d'aquilone / tenuto da un bambino e / toccare il suo cuore e il cielo // o quel bimbo ti vedi / tenuto dal genitore per mano // o ancora -tra fremiti d'ombre- / quel figlio prodigo / che ti torna in sogno: che anni / scavalca a ritroso // per chiedere perdono / al padre sul letto di morte ("Ipotesi dell'impossibile"); in "Se avranno voce" si legge: ed è pleonastico il tuo dire / i tempi son cambiati e / alle piante seccano / i timidi germogli // i pesci son gonfi di plastica e / i cieli di cenere / e i mari piangono coi miei occhi // lasciare parlino i fatti / se voce avranno / in una -lesta?- inversione di tendenza .
L'ultima parte del libro, intitolata In un remoto altrove, sembra riassumersi nei versi di "Indivisa sostanza", che recitano: sono indivisa sostanza / dimora delle origini / porto il respiro di voci / tra ramate ombre // nelle trame del vento / lascio si dilegui la morte / mi vivono nella carne / illimitati cieli // mi ustiono di rosacea luce, in una ricognizione del proprio operato e del proprio sentire, spaziando dall'arte ai fremiti di un cuore che non smette di scrivere ed essere poesia, una via di riflessione e un punto d'appoggio, forte del suo percorso anagrafico ed esperienziale, che concede al poeta di poter dire, in chiusura, che "Tutto è ancora possibile". [Angela Greco]
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Tutto è ancora possibile
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ti senti altrove e il più
delle volte fuori dal coro
.
ti chiedi se -nell'ordito della vita dove
si spezza la parola- ti sei perso
qualcosa – vorresti allora
rovesciarti come un guanto
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riconoscerti come il
fuori del tuo dentro
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aprirti a un' alba che
diradi questa
corolla di tenebre
.
e sai che tutto
è ancora possibile
.https://ilsassonellostagno.wordpress.com/2019/12/22/rileggendo-il-2019-vita-trasversale-e-altri-versi-2017-2019-di-felice-serino-nota-di-angela-greco/
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Trasparenze 2019 2020 di Felice Serino letto da Angela Greco
27 APRILE 2021 ~ ANGELA GRECO – ANGRE
Felice Serino Trasparenze 2019 2020La poesia di Felice Serino, in questo tempo difficile e non ordinario, appare al lettore come una epifania; una luminosa presenza utile a prendere consapevolezza di taluni dettagli, che non sfuggono al poeta, attraverso i quali sperare in qualcosa di più, oltre quello che si vede. Serino attraversa le occasioni che gli vengono offerte quotidianamente dal vivere con i sensi disposti a percepire e a codificare quello che accade, anche tra le righe, attento a circoscrivere con perizia l'evento, per fornire una eventuale chiave di accesso, senza imporsi o alzare la voce, quanto piuttosto con la pacata ragionevolezza di chi affronta le situazioni forte del proprio bagaglio spirituale ed esperienziale.
"Trasparenze 2019 2020" (pubblicato in formato elettronico dal sito "Poesieinversi", con prefazione di Donatella Pezzino) è un altro tassello degno di nota nel lavoro poetico dell'autore; lavoro, che va sempre più affinandosi col procedere delle condivisioni dei versi con i suoi lettori, ponendo in tal modo l'accento sull'importanza, anche in Poesia, del confronto e dello scambio, elementi assolutamente necessari alla crescita.
La raccolta si apre con una emblematica poesia, che funge, a parer mio, anche da incipit: Giobbe, antonomasia della pazienza, nella quale, elaborando la tradizione classica di affidarsi, in incipio, alla divinità, il poeta per mezzo del protagonista invoca l'atto essenziale per il quale, con buona ragione, sembra addirittura scrivere, in due versi dalla forza non indifferente, che tolgono ogni dubbio al fatto che per Serino il vivere è affidarsi a qualcosa di più grande di lui (sacro e poesia, d'altro canto, si possono senza dubbio mettere sullo stesso piano):
Signore liberami
da questa gravezza della carne
-ora mi pesano gli anni
come macigni-
ascoltami – quando
il sangue grida le ferite della luce
ed io come giunco mi piego
in arida aria
Si ritrovano, sempre con piacere, gli elementi caratterizzanti dell'autore; ed ecco che l'occhio non manca di osservare tutto quello che c'è intorno, con riferimenti ad altre materie, oltre quelle letterarie ed artistiche, evidenziando il tutto tondo della poesia di Felice Serino, la sua innata curiosità e la sua volontà di rendere partecipe la poesia di ogni momento della sua esperienza di vita. La trascendenza, tuttavia, sembra avere il posto d'onore in questi versi brevi, incisivi e pregni di terminologie specifiche, trai quali, con una sola parola, spesso si può leggere la tendenza del poeta al ragionamento filosofico, all'interrogazione di se stesso in rapporto al mondo, sempre con la pacata tensione dell'attesa di una risposta di chi sa, però, che non arriverà, perché i quesiti posti sono di un ordine ben oltre questo umano che attraversiamo, come ad esempio si legge in Rinascere negli occhi o in A prescindere, a seguire:
all'inizio nel tempo
primigenio
il primo stupore in un volo
ai piedi dell'angelo
sarà poi precipizio della luce
ma si resta
nella memoria della rosa
che vuole rinascere negli occhi
*
questo uscire rientrare nell'alveo celeste
è racchiuso in un tempo
rallentato
un lampo nel cuore dell' universo
t' è stato messo nel cuore il senso
dell'eterno – a prescindere
ogni giorno ti riscopri vivo
come il seme
Una poesia, quella contenuta in "Trasparenze 2019 2020", che non manca di riferimenti anche ad episodi più concreti, vissuti dall'autore o dedicati a persone reali, che hanno il grande pregio di avvicinare il poeta al lettore, in un rapporto di reciproca stima, indubbiamente lodevole; Serino non spiazza con trovate lessicali ad effetto o termini ineleganti, tutt'altro; la sua è una poesia che continua a carezzare il fruitore anche quando tratta temi scottanti o difficili, con una delicatezza che non può non essere propria della persona che scrive, perché sarebbe difficile creare ad arte quel sentimento che si stabilisce durante la lettura di un'opera. [Angela Greco AnGre]
Cieli capovolti
nel cavo del grido
deflagra rombo di tuono e
scalpitano nella testa
destrieri impazziti
egli non vede
più il corpo della madre
solo cieli capovolti e
accovacciato in un angolo
della parete che separa
vita da vita
trascorre le ore vuote suonando
l'ocarina
https://ilsassonellostagno.wordpress.com/tag/punti-di-svista/
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La poesia come atto di fede.
Recensione a Trasparenze 2019-2020 di Felice Serino (Poesiainversi.it, 2021)
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Di Mario Saccomanno
Sono diversi i punti fondanti intorno cui gravitano le poesie che compongono l'ultima raccolta di Felice Serino che porta il titolo Trasparenze 2019-2020 (Poesiainversi.it, 2021). Per questo motivo, una breve presentazione del testo come quella che si vuole offrire al lettore in queste righe risulterà inevitabilmente carente di molti aspetti. Si aggiunga che l'autore possiede una conoscenza minuziosa dei mezzi poetici, affinati con l'esperienza che traspare anche dagli altri lavori che precedono la silloge che si vuole prendere in esame. Di conseguenza, le analisi che verranno tracciate possono risultare proficue in particolare se utilizzate come spunto per avvicinarsi alla poetica dell'autore con l'intento di leggere le poesie con un piglio personale, cercando strade interpretative individuali che possono anche distaccarsi enormemente da quanto verrà proposto in questo contesto.
Dopo questa premessa indispensabile, il primo punto che occorre evidenziare è il tema della fede, filo rosso della silloge. Per capire il tipo di
fede a cui Serino si riferisce e comprendere la pervasività di questo aspetto, ci si può affidare a quanto descrisse nel libro La confessione il celebre scrittore russo Lev N. Tolstoj. A prima vista, potrebbe sembrare azzardato prendere le mosse dal testo tolstojano, eppure proprio in quelle pagine Tolstoj giunse ad affermare che l'assurdità della vita era evidente soprattutto se si guardava ai modelli di vita ostentati dalle classi agiate. I frutti di questo approccio si riscontravano nelle ultime strade percorse dalle scienze, nei modi di intendere la società e, ancor di più, nella violenza imperante. Quelli appena elencati, sono tutti temi che nella raccolta di Serino ricoprono un ruolo importantissimo e decisivo.
A Tolstoj, osservando la massa delle persone, i popoli, in contrapposizione proprio alle caratteristiche predominanti delle classi agiate, impantanate nell'ozio, risultò evidente una cosa: la vita aveva uno scopo. Quel senso ultimo di ogni gesto era garantito dal possedere una fede semplice e radicata nella quotidianità. Da questa convinzione, Tolstoj cominciò ad affinare la sua visione del mondo basata, sempre più su una fede universale riflessa in un principio, il rifiuto di utilizzare la violenza, che provocò reazioni disparate, sia di disprezzo, sia di profonda ammirazione, come avvenne nel celebre caso di Gandhi.
Il libro di Felice Serino parte da un assunto, che è l'assunto tolstojano: il bisogno di credere. È questa fede che smuove il ristagnare della vita. Senza la fede non si può giungere oltre gli angusti confini materiali di ogni esistenza. Del resto, sin dalle prime righe della Prefazione, Donatella Pezzino presenta egregiamente quest'aspetto al lettore affermando: «In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla, e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi».
Dunque, nel testo di Serino questo bisogno di fede assume, come appena avuto modo di notare, tratti differenti in base al contesto precipuo e al bagaglio culturale ed esperienziale del singolo. Di sicuro, è un aspetto sotteso in ogni verso dell'autore incluso nella raccolta che si sta prendendo in esame. Di più: sembra possibile affermare che senza l'assunto della fede non potrebbe mai prendere forma l'illogico e indispensabile gioco poetico presentato dal poeta.
Il riflesso più grande di questo approccio poetico-comunicativo basato su un atto di fede è lo sgretolarsi di ogni barriera che intercorre in chi è impantanato costantemente nel divenire, costretto a una continua peregrinazione, a un eterno calpestare le strade del suo ultimo presente. Nella raccolta, Serino si occupa con vigoria proprio di questa condizione, con un linguaggio che acclude diversi registri, intrecciati sempre con sapienza al punto che risultano essere in grado di soddisfare le esigenze che sottendono la costruzione di ogni singolo verso.
È tramite questo approccio che nel testo risulta evidente come ogni mancanza che segna irreversibilmente il singolo venga prontamente colmata da un ricordo, da una continua presenza, viva e penetrante, che risulta essere in grado di indicare i modi adeguati che conducono a sciogliere i nodi di ogni nuovo inevitabile inciampo esistenziale.
Così, la poesia è il riflesso di questa condizione di insicurezza e fragilità. Diventa tonico per l'esistenza, specchio di una continua ricerca. In effetti, a ben vedere, i versi di Serino sono l'unico modo attraverso cui l'autore può comunicare al lettore tutte quelle condizioni che il linguaggio ordinario non può contenere nella forma usuale. Appellarsi alla poesia e alle sue regole perennemente in bilico, che necessitano di una compartecipazione costante e duratura del lettore, significa abbracciare la possibilità di cogliere gli aspetti che – sembra affermare l'autore in conclusione – non solo sono ben presenti negli atteggiamenti quotidiani, ma si pongono come elementi regolatori e determinanti di tutte le esistenze.
Dunque, l'atto di fede, il credere che viene richiesto al lettore, non è un azzardo, ma viene riscontrato nella quotidianità, nell'osservazione minuziosa degli atteggiamenti mostrati dagli uomini. Per questo motivo, un altro elemento fondamentale della poetica dell'autore è il prendere costantemente le mosse dall'analisi degli avvenimenti peculiari del presente, filtrati principalmente i comportamenti e gli umori mostrati dalle persone più vicine. È in questa quotidianità che si annida sempre il bisogno della fede, della speranza. Proprio in questo contesto il linguaggio canonico perde il suo significato. Ecco perché solo la poesia sembra indicare un modo attraverso cui indicare al lettore la possibilità di percorrere una strada, solo apparentemente impervia, che possa far cogliere i tratti distintivi di una quotidianità che spesso si vive senza partecipazione attiva.
Serino rassicura in più luoghi del testo come, al di là delle difficoltà di fare i conti con un nuovo alfabeto che regoli la propria esperienza vitale, il modo attraverso cui scardinare i muri che contornano il presente è un qualcosa che sembra quasi essere spontaneo una volta che si ha avuto la forza di volontà di percorrere i primi faticosi passi. Del resto, questo risultato è ben visibile non solo nelle principali religioni che hanno contraddistinto da sempre l'uomo, ma anche nelle figure di spicco d'ogni secolo. La semplicità è contrassegnata nella fede nell'amore, in un amore che da particolare si spinge, quasi ficinianamente, ad amore universale e che, in una spirale infinita, include ogni particolare in un contesto più ampio.
Questa percorso, nel testo di Serino, è un compito che spetta al singolo. Eppure, nel peregrinare continuo sulle strade spesso secondarie del presente, il bisogno dell'altro è sempre fondamentale, specialmente nei contesti più usuali, quelli intimi. Da qui, nasce anche il bisogno di riportare la propria esperienza, i ricordi, il vissuto avvalendosi dei versi quasi come forma diaristica. Da questo punto di vista, Trasparenze è una testimonianza, una sorta di confessione utile a indicare il modo attraverso cui l'autore è giunto alle sue conclusioni. Per rifarsi ancora alle parole di Donatella Pezzino: «Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio».
È possibile analizzare i temi passati in rassegna finora facendo riferimento ad alcuni versi presenti nella raccolta. Di sicuro, sin dalle prime poesie della silloge risulta evidente come il tema dell'oltre sia l'elemento caratteristico della poetica di Serino. L'urgenza di allontanarsi in qualche modo, di liberarsi dalla «gravezza della carne» è un bisogno primario, al punto che spinge a percorrere i nuovi viaggi e finisce per assumere il tono di una richiesta, rivolta a se stesso, prima ancora che a Dio. Il bisogno di liberazione, l'andare oltre diventa necessario soprattutto nel caso in cui, utilizzando le parole del poeta, «come giunco mi piego / in arida aria».
Il bisogno del viaggio, il più delle volte interiore, capace di dare nuova linfa al ristagno in cui può versare un'esistenza è riscontrabile, ad esempio, in Musica sacra in cui si può leggere: «Il tempo si era fermato e / fu come uscire fuori da me / uno sconosciuto luogo di pace / mi accolse». Solo da questa nuova condizione si giunge all'empatia, tassello fondamentale di cui si discuteva già in precedenza, raccordo indispensabile tra l'uomo che percorre questo nuovo viaggio esistenziale di liberazione e «gli angeli e i morti». È proprio l'empatia che spinge energicamente a osservare le trame del presente con nuovo piglio. In merito si veda In questo giorno stordito di luce dove tuonano i versi «canto per la dignità dell'uomo / che fa della sua insopprimibile libertà / ali di luce // a lambire le fonti del sogno».
Non resta che sottolineare un ultimo aspetto della poetica di Serino: la musicalità delle sue composizioni. Del resto, tra i debiti mostrati e mai nascosti dall'autore spicca quello nei riguardi del celebre poeta Federico Garcia Lorca – si veda in merito Bocche di chitarre – che sulla musicalità delle sue poesie ha a lungo lavorato raggiungendo risultati indiscutibili. Le composizioni di Serino nutrono sempre il bisogno di una musicalità che deve permeare tutti i versi che, solo così facendo, possono diventare veste soddisfacente che copre i tratti dell'esistenza. Solo col ritmo impresso nella poetica, il messaggio può diventare davvero universale e spingersi oltre l'apparente staticità del vivere. Nella poetica di Serino la bonaccia quotidiana è spazzata via da un vento fatto di musica che risuona in parole ricolme di nuove possibilità che si insinuano nei meandri spesso insondati d'ogni uomo.
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Poesie scelte:
Giobbe
Signore liberami
da questa gravezza della carne
– ora mi pesano gli anni
come macigni –
ascoltami – quando
il sangue grida le ferite della luce
ed io come giunco mi piego
in arida aria
***
Dell'immaginario (del sogno)
Li vedevo salire dal mare
dal grande mare aperto
i miei morti che dispensavano sorrisi
era esplicito il loro invito
lo si leggeva negli occhi forti
di luce
ma una vocina dal di dentro
mi diceva
che non era giunto il tempo
***
Bocche di chitarre
alla sua morte per fucilazione
anche le chitarre emisero lamenti –
a un ordine dei generali
dalle loro bocche uscirono insetti
bibliofagi
a divorare pagine e pagine
di versi sparsi per il mondo
ma lo spirito del popolo è vivo
la memoria è vasta come il mare –
venne ricomposto il poema
insanguinato
fino all'ultimo rigo-respiro
si può uccidere un poeta
non la poesia
(Federico Garcia Lorca, 1898 – 1936)
***
Tra la bestia e l' angelo
tra la bestia e l' angelo
corda tesa sull' abisso
nel divario della mente dove destrieri
scalpitano inesausti
bivaccano i tuoi fantasmi
o si mimetizzano tra
la fantasiosa tappezzeria dei divani
semmai si annoiassero sai
dove trovarli: a giocare ore
e ore con le nuvole
tenendo al guinzaglio i sogni
***
Da un imperscrutabile sentire
ti attraversano come una luce sottile:
sono sempre con te i tuoi morti
mai andati svaniti -ci crederai?-
saldano le tue radici
"vivendo" con te ancora: ubiqui e
onnipresenti
da un imperscrutabile sentire
puoi percepirne al tuo fianco la presenza
sono essi a suggerirti in un soffio
semmai ti giunga
una ispirazione
sostano dentro gli specchi
si fanno tuoi consiglieri
quando non sai deciderti
sul colore di un maglione da indossare
allucinate presenze
ti accompagnano in quel mondo parallelo
ch'è la regione del sogno
***
Emarginato
quest'uomo: tristezza
d'albero nudo
avanzo di vita aperta
ferita
-occhi scavati
che perdono pezzi
di cielo
quest'uomo
puntato a dito
quest'uomo fatto
torcia
per gioco
Estratti da Afflati di Felice Serino (e-book, 2022)
Senza titolo 2
.
un'alba cadmio
apre spazi
inusitati nel cuore
.
usciti dal sogno
beccano sillabe
gli uccelli di Maeterlinck
in un cielo di vetro
.
da un luogo non- luogo
le uve dei tuoi occhi
chiamano il mio nome
genuflesso nella luce
.
.
Spleen 2
.
brusio di voci
.
galleggiare di volti
su indefiniti fiati
.
si sta come
staccati
da sé
.
golfi di mestizia
mappe segnate
dietro gli occhi
.
vi si piega
il cuore
nella sanguigna luce
.
.Vita nascosta
.
il muro d'aria che divide
luogo e non- luogo
o solo quell'esistere sognato
che torna come déjà vu
.
qui solo apparire:
l'essere è vita
parallela – nascosta
.
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